Da un'idea di Stefano Accorsi.

Le idee sono del primo che se le prende, ma penso che quella di raccontare il 1992, un anno cruciale nella recente storia italiana non sia venuta solo a lui.

In realtà pezzi di quell'anno li abbiamo già visti nelle produzioni sulla Mafia, nel racconto degli ultimi giorni dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi in attentati mafiosi quell'anno.

Qui però siamo davanti al racconto di un'altra stagione, parallela a quella degli eventi mafiosi, ma non realmente distante, quella della cosiddetta Tangentopoli, sistema di tangenti e di corruzioni che, attraverso gli appalti pubblici affidati al sistema imprenditoriale, finanziava i partiti politici. La stagione dell'inchiesta battezzata Mani Pulite, venuta alla ribalta della cronaca il 17 febbraio 1992, con l'arresto di Mario Chiesa, Presidente del Pio Albergo Trivulzio.

Come avviene spesso nella rappresentazione di eventi storici, in questa produzione televisiva in 10 puntate, realizzata dalla Wildside in collaborazione con Sky e La 7, si sceglie la via di inventare dei personaggi, mettendoli in relazione sia con i personaggi che con gli eventi reali.

Un lungo preambolo scritto, poco prima di ogni puntata, spiega il lavoro compiuto dagli sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo.

I personaggi protagonisti, pur se inventati, non sono quindi molto distanti da persone che in quel periodo potrebbero essere stati coinvolti in quegli eventi, in quelle posizioni e con quei rapporti con i personaggi reali.

Stefano Accorsi, ideatore della serie, si ritaglia il ruolo del guru del marketing Leonardo Notte.

Un personaggio ambiguo, senza scrupoli, con un passato misterioso alle spalle, che si trova come un pisello nel baccello in Pubblitalia, la concessionaria pubblicitaria del Gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi.

Pietro Bosco (Guido Caprino) è un reduce della Guerra del Golfo che per fortunose circostanze si troverà a Roma, con tutta la sua semplicistica visione del mondo, a essere un deputato della Lega Nord, invischiato in un quadro politico che improvvisamente si farà confuso, venendo a patti con l'amoralità del mondo della politica.

Veronica Castello, interpretata da Miriam Leone, è una bella ragazza senza talento, che spera di diventare star della TV, o del cinema, poco importa, vendendo se stessa al migliore offerente.

I poliziotti del pool di Mani Pulite, ai quali la serie affida il compito di farci entrare direttamente nelle stanze della Procura di Milano, sono ben due: Luca Pastore, interpretato da Domenico Diele, mosso da motivazioni personali molto tragiche che lo spingono come una ossessione; il suo collega Rocco Venturi (Alessandro Roja) ha anch'egli motivi nascosti che lo portano a lavorare con il pool e dei segreti non meno inquietanti.

Beatrice "Bibi" Mainaghi, interpreta da Tea Falco, è una ragazza inquieta. Figlia viziata di un industriale spregiudicato, si troverà a gestire il cambiamento che spazzerà via il suo mondo, diventando adulta suo malgrado.

Questi personaggi si troveranno a interagire con tanti degli autentici protagonisti dell'epoca. Ricordo tra i tanti, perché centrali per la costruzione della mitologia della serie: Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi), Marcello Dell'Utri (Fabrizio Contri) e, last but not least, Silvio Berlusconi (Vincenzo Schettini, mai inquadrato direttamente).

Un altro protagonista nascosto è Bettino Craxi, il grande cinghiale, la preda che Di Pietro inseguì con zelo, che non ha un interprete, ma appare mediante veri filmati d'epoca.

Quello che penso, senza mezzi termini, è che con questo materiale e queste premesse, showrunner come David Chase (I Soprano) o Matthew Weiner (Mad Men) avrebbero fatto un capolavoro.

Ma non siamo alla HBO o alla AMC, nonostante la produzione aspiri a questo modello. Siamo alle prese con uno spaghetti-HBO, che per fortuna evita gli stereotipi del “poliziottesco”, ma non si discosta di molto dalla media delle “fiction” italiche.

Non è un prodotto per TV generalista in Prime Time, penso che potrà essere censurato per il secondo passaggio su La 7, a meno di non trasmetterlo la notte. Però per estetica cinematografica, dialoghi e recitazione non siamo lontani.

Ma è questo il suo maledetto fascino, che mi ha irretito al punto di guardare la serie in un paio di giorni, senza soluzione di continuità, senza voler vedere altro.

Stefano Accorsi, che debuttò nel mondo cinetelevisivo con uno spot in cui recitava in inglese maccheronico “du gust is megl che uan”, perfetto esemplare di galletto da riviera romagnola, chiude in un certo senso il cerchio, interpretando il ruolo di un pubblicitario che avrebbe tranquillamente potuto avallare quello spot. Per questo ha la faccia giusta per rievocare con convinzione l'epoca.

E tutti gli altri personaggi, con le loro frasi stereotipate e incerte, sussurrate in modo atono quando non biascicate, sono un perfetto campionario di disorientata mediocrità.

Ci siamo sentiti tutti un po' così nel 1992, quando abbiamo cominciato a percepire che stava succedendo qualcosa che stava per far franare un certo mondo per come lo avevamo conosciuto.

Quell'anno non poteva essere rappresentato da un capolavoro, ma da una perfetta sintesi della nostra mediocrità.

Non siamo così profondi come vogliamo credere. Se lo ammettiamo è meglio. Ma siamo i più qualificati a metterci in scena con i nostri macroscopici difetti di chi, sulla carta, sarebbe più adatto a farlo.

E se diamo addosso a questa fiction, prendendocela con questo o quell'attore, con le soluzioni narrative forzate, gli sguardi basiti e le luci “finto non smarmellato”, è perché non vogliamo ammettere che Mani Pulite e la successiva ascesa del berlusconismo e la “seconda repubblica delle banane e del bunga bunga” non sono tra le cause del nostro declino, ma tra i sintomi.

Come andrà a finire a noi, oggi, non lo sappiamo.

Abbiamo un pregresso inquietante però. Gli anni successivi al 1992 sembrano dimostrare che, come c'è gente che è morta democristiana, qualcuno di noi è morto berlusconiano e altri ancora rischiano di morire renziani. Senza soluzione di continuità pestando nello stesso mortaio.

La favola nera di 1992 continuerà con i previsti 1993 e 1994, ma potrebbe continuare all'infinito. Non oso pensare a quale sia la forma più adatta a rappresentare il renzismo.

A chi verrà l'idea tra vent'anni? A un youtuber?

Possiamo anche rifletterci, ma tanto è troppo tardi.