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Man of Steel poster

Man of Steel, ovvero ciccioli di recensione

Man of Steel posterQualche mese fa avrei dovuto recensire Man of Steel di Zack Snyder. Dovuto. Parola grossa. Diciamo che di fronte a una mia prima impressione negativa del film, mi è stato chiesto di esprimermi con più chiarezza sulle mie perplessità. Dopo qualche mese dall'uscita del film, distratto da altre incombenze, non ho ritenuto veramente più opportuno recensirlo, bensì riflettere su alcuni eventi che hanno caratterizzato la stagione cinematografica. In particolare ai veri e propri eventi scismatici che hanno diviso il fandom di recente. Ossia Star Trek: Into Darkness, secondo film di J.J. Abrams dedicato all'universo creato da Gene Roddenberry  e appunto Man of Steel. Ne è venuto fuori un articolo per FantasyMagazine, che trovate a questo link.

In realtà qualche cosa da dire l'avrei, e anci l'avevo pure scritta a suo tempo. Trattandosi di deliri allo stato puro avrei dovuto risparmiare i 3-4 lettori giornalieri di questo blog (che ci vengono a fare se non l'aggiorno da maggio dico io? mah). Ma siccome ora ho voglia di riaprire il blog, ecco che faccio come si fa con il maiale, non si butta niente, vi sottopongo i ciccioli della mia recensione che non fu.

Se non sapete cosa sono i ciccioli sappiate che "sono un prodotto alimentare ottenuto dalla lavorazione del grasso presente nel tessuto adiposo interno del maiale nella preparazione dello strutto." (fonte Wikipedia)

Una vera schifezza, con una densita calorica per grammo paragonabile a una supernova. La prima volta che li ho mangiati li ho scambiati per patatine o similia e penso di avere immesso nel mio organismo l'intero fabbisogno calorico di un piccolo stato.

Questo per dirvi che le riflessioni che seguono sono parti di risulta, grezze e un po' indigeste.

Quella che enuncerò in questo articolo, mi dispiace per voi che leggete, non è la mia opinione, influenzata dal gusto, dalle mie attitudini e aspettative, oggettivamente soggettiva come tutte le opinioni devono essere. Oggi, come un bravo PUV (Se non sapete cosa è un PUV rileggetevi il mio articolo su Fantasymagazine).

No, questa è la verita sul perché Man of Steel poteva essere un bel film invece non lo è. Lettori avvisati.

L'esordio del film è l'origine del personaggio. Il pianeta Krypton è condannato. È un mondo la cui società è in decadenza. Dopo aver esplorato le stelle, ha perso ogni stimolo, cominciando a praticare l'eugenetica, imponendo nascite artificiali, codificando il DNA di ciascun abitante in un preciso compito. Jor-El, non si capisce quando segretamente, ha concepito con sua moglie Lara un figlio biologico, senza programmazione. In realtà però per il figlio uno scopo ce l'ha anche lui, visto che lo vuole destinare dall'imminente disastro che sta per coinvolgere il pianeta.

Lo sconsiderato attingere, al fine dello sfruttamento energetico, al nucleo del pianeta, ha fatto sì che questo stia per collassare, distruggendo il pianeta.

Nonostante il consiglio degli anziani di Krypton gli creda, è fatalmente rassegnato a tale destino, tanto da provocare le ire del Generale Zod, comandante in capo delle forze armate, programmato geneticamente per attuare tutte le strategie possibili per salvare il pianeta o i suoi abitanti.

Jor-El ha un piano: spedire il figlio sul lontano pianeta Terra, la cui struttura lo doterà di poteri superiori a quelli dei suoi abitanti e, insieme a lui, spedire il corredo genetico di Krypton, per farlo rivivere lì mescolato agli umani. L'idea piace a Zod, ma vorrebbe essere lui a volare sulla nello spazio con tale codice genetico, per salvare la razza kryptoniana e magari rifondare il pianeta per com'è.

I due si scontrano e, nonostante che Zod riesca a uccidere Jor-El, questi riesce a spedire il pargolo sulla Terra, dando il tempo al consiglio dei kryptoniani di arrestare Zod.

Il passaggio successivo suscita parecchie perplessità: nel bel mezzo della catastrofe imminente, con un pianeta ormai condannato, c'è ancora il tempo di processare e punire Zod e i suoi accoliti spedendoli nella Zona Fantasma, salvandogli in pratica la vita, pur condannandoli a un oblio eterno.

Qualcuno potrà dirmi, e mi ha detto, che sto valutando questa decisione con parametri umani. I kryptoniani sono alieni, pertanto fanno quello che gli aggrada, non quello che farebbe qualunque umano sano di mente. Il passaggio non mi convince lo stesso. Tutto sommato quello che alla fine emerge che qualche punto di contatto tra umani e kryptoniani c'è. Sono entrambi primati e senzienti. E quindi la loro alienità non chiude del tutto il cerchio.

Frenetica, piena di scene d'azione veloci, questa introduzione coinvolge visivamente, dà modo a Russell Crowe di trasformare Jor El in un action hero, lasciando intuire da chi il futuro Superman erediterà le sue caratteristiche eroistiche. Ci si chiede per un momento come sia possibile che Jor El abbia rotto la sua programmazione originale di scienziato e sia diventato così abile nel combattimento. Ma le storie interessanti non sono mai quelle di chi si adegua alla massa, ma di quei singoli che, per fortuna, abilità o incidente, fanno la cosa sbagliata al momento sbagliato. Di singoli che rappresentano l'eccezione. Preoccupa il fatto che Jor El sia stato così caino da fare soffrire a sua moglie le pene del parto naturale quando, dopo aver concepito il pargolo, avrebbe potuto semplicemente coltivare l'embrione e spedirlo sulla Terra. Ma tanto mica lo ha portato lui in grembo per nove mesi il piccolo, solo per soddisfare l'ego del marito e farlo sentire un dio.

Insomma la scelta di fondo è: Jor El è un bastardo, non meno motivato di Zod nel suo scopo, ma più sottile.

L'estetica del pianeta Krypton è tardo futurista. Ricorda Flash Gordon, Metropolis e un po' Moebius, specialmente quando Jor El cavalca un gigantesco volatile invece di un aereo. Come spesso accade, è una gara a chi ha l'uccello più grande. Tra l'altro, è chiaro che su Krypton la battaglia tra LCD ed E-Ink sia stata vinta dal secondo, addirittura in versione 3D. Ma quale razza di scienza avanzatissima crea dei display meno avanzati di un cellulare dei "primitivi" terrestri?

E poi che c'azzecca l'estetica da realismo socialista sovietico?

Dopo la distruzione di Krypton il film salta a Clark Kent, ormai adulto, che lavora in un peschereccio sotto falsa identità. Il suo scopo sarebbe quello di passare inosservato, ma non è facile se non si sta un po' attenti. Per esempio, la sua invulnerabilità lo ha reso distratto, ma visto che chi ha intorno non lo sa, ecco che rischia la vita per salvarlo da un possibile pericolo. Non va Kal, non va. Hai i super-sensi. Usali.

Le scene in flashback però mirano a fare comprendere perché Clark sia arrivato lì.

Sin da piccolo ha avuto problemi a gestire i suoi poteri. Rumori, odori, visioni a raggi X invasive. Come può resistere un bambino a tanti stimoli? Come si può impedirgli di massacrare i bulletti che lo perseguitano? Ma' Kent ha la soluzione. Focalizzare il punto, concentrarsi su quello che si vuole vedere o sentire. Non è un grande addestramento, ma funziona. Forse.

Ma se poi ti ritrovi in pulmann che sta affondando con tutti i tuoi compagni di scuola? Non usi il tuo potere e li salvi d'istinto? Ecco che però Pa' Johnathan s'arrabbia, ovviamente, perché ti sei fatto vedere. Che due palle.

Ok, ora vi aspettereste un'analisi dettagliata del resto. Ma i ciccioli sono finiti.

Completo però il ragionamento. L'alternanza tra presente e passato potrebbe anche reggere. Ma quello che mi ha annoiato di Man of Steel è l'indecisione stilistica, incerta tra mainstream e finto indie.

Mi dispiace poi per gli estimatori di Hans Zimmer, ma non si può reggere una colonna sonora su due note.

Senza dilungarmi troppo, perché se no tutto diventa una vivisezione, le palle a terra mi sono cadute in un paio di occasioni.

1) La morte di Pa' Kent. Va bene tutto, va bene che Clark è inesperto, che non vuole dispiacere al Papà, ma ci sono momenti in cui te ne fotti altamente delle regole, e una di queste è quando vedi tuo padre che sta per morire. Se sai di poterlo fare ci provi. Punto. E la tensione drammatica non scatta. Non scatta in quella scena il patto con lo spettatore per il quale credo che Clark non abbia seguito il suo istinto.

2) Distruzioni a go-go. Ok, i Kriptoniani sono cattivi. Distruggono Smallville solo per cercare il maledetto figlio di Jor El. Distruggono un fottio di grattacieli a Metropolis per lo stesso motivo. Però questo non basta a scatenare l'impulso distruttivo di Kal. No. Deve vedere un paio di sfigati, poveretti, minacciati direttamente dal laser di Zod perché Superman si decida a fare l'unica cosa realistica da fare. Uccidere il suo nemico perché in guerra non si fanno prigionieri, specialmente se il tuo nemico voleva compiere un genocidio e ha già parecchie migliaia di morti al suo attivo.

3) Avevo detto 2? Forse sono anche di più. Come cavolo rendono credibile che uno sfigato aeroplano superi le difese di una nave kryptoniana, protetta da supertizi con superpoteri? Quell'aereo, destinato letteralmente a stuprare l'astronave di Krypton, visto che porta con se il fallo gigante con cui Kal è arrivato sulla terra, non doveva avere speranze. Non aveva fuoco di copertura. Anche qui il patto di incredulità non scatta. Però alla fine i rozzi terrestri stuprano i Kryptoniani con lo stesso equivalente di una cerbottana contro un missile nucleare. Mah.

4) Di falli giganti è piena Krypton. Ma non l'ho notato solo io questo particolare. Per cui non dico nulla di nuovo. Mi sembra una ossessione compensativa. Non so.

5) Un passo indietro. Lo slug-fest, ovvero la scazzottatona finale tra Superman e Zod dura TROPPO. Alla ventesima volta in cui hanno usato l'effetto speciale del corpo che attraversa un grattacielo da parte a parte nessuno ha preso da parte Snyder per dirgli: "ma non stiamo esagerando? Hanno capito che sono due cazzutissimi kryptoniani che se menano di brutto".

 

Insomma Zack Snyder, per me hai toppato alla grande. Man of Steel è di una bruttura cosmica. Immotivato nelle sue ragioni di fondo. Ridondante dal punto di vista della costruzione cinematografica. Una ciofeca insomma, detto tecnicamente.

 

 

i love radio rock

Film: I love Radio Rock

i love radio rock

i love radio rock

Un film di Richard Curtis. Con Philip Seymour Hoffman, Bill Nighy, Rhys Ifans, Nick Frost, Kenneth Branagh.
Tom Sturridge, Chris ODowd, Rhys Darby, Katherine Parkinson, Talulah Riley, Ralph Brown, Sinead Matthews, Emma Thompson, Gemma Arterton, January Jones, Tom Wisdom, Jack Davenport

Titolo originale The Boat That Rocked. Commedia, durata 135 min. - Gran Bretagna, Germania 2009. -

È uscito da un po', e neanche so se è ancora in giro in Italia. Ricordo che il primo giorno di programmazione non sono riuscito a vederlo. Alle 22 erano già esauriti i biglietti. Il giorno dopo la sala era semivuota.
Misteri del passaparola. Non so. A dire la verità il film non ha poi incassato molto. A tutt'oggi 553 mila euro.
Un insuccesso immeritato a mio personale giudizio.
I Love radio rock narra la storia di Carl, un diciottenne espulso dalla scuola, che viene affidato dalla madre alle amorevoli cure di Quentin (uno strepitoso Bill Nighy), che dirige una "radio pirata", che trasmette da una barca in pieno Mare del Nord. La storia è ambientata negli anni 60, quando ancora le radio private erano illegali.
L'idea che si possa "raddrizzare" un giovane turbolento affidandolo a una ciurma di sregolati, dediti a sesso, droga e rock'n roll, quali sono i vari conduttori della programmazione della radio è una contraddizione in termini.
Il pantheon di personaggi è ricco, il deejay (ma non si chiamavano ancora così) di punta della radio, "Il conte" è interpretato da un brillante Philip Seymour Hoffmann, sicuramente bene in parte. Ho già detto bene di Bill Nighy, ma ottimo è anche l'interprete del giovane Carl, Tom Sturridge.
Non c'è solo la storia di formazione nel film, ossia l'educazione sentimentale e alle cose della vita di Carl, ma cè anche lo sfondo sociale. Le radio private sono illegali, ma tutto sommato tollerate. Finché il bigotto  ministro Dormandy non decide di intraprendere una personale crociata contro di esse, nel nome di una presunta moralizzazione dei costumi. Il suo "agente speciale", Twatt, cercherà ogni pretesto per mettere le radio fuorilegge, arrivando persino a spiare a bordo della nave.
Il ministro e l'attachè sono interpretati rispettivamente da un ottimo Kenneth Branagh e un esilarante, proprio perché bolso, Jack Davenport.
In realtà i due uomini hanno contro tutta la società inglese, anche se fingono di saperlo. Noi spettatori lo comprendiamo grazie all'efficace montaggio del film, che ci mostra, in un gioco di continui stacchi e rimandi, come ad ascoltare le radio non siano solo giovani "arrabbiati", ma anche personaggi del tutto normali come operai, massaie, lavoratori e lavoratrici di ogni sorta. Persino la segretaria del ministro, che sembra ascoltare per puro dovere professionale, per verbalizzare i presunti "reati", in realtà apprezza le trasmissioni.
E qui veniamo alla protagonista principale della vicenda, la straordinaria colonna sonora. Canzoni leggendarie della storia del Rock, vero emblema di una società che stava cambiando, e che ormai non poteva tornare più indietro, nonostante i goffi tentativi dei reazionari.
Tutto questo potrebbe fare ridere di questi tempi in cui sembra che tutto sia possibile. Tempi in cui è possibile scegliere che musica ascoltare. Ma in verità I love radio rock è un ammonimento, neanche troppo velato, a stare in guardia. Potrebbe sempre alzarsi qualcuno a decidere cosa si debba ascoltare, leggere o guardare, in nome della difesa di  un supremo interesse, che invece è solo volontà di sostituirsi al nostro libero arbitrio.
Il finale del film, dove le masse si muovono in soccorso dei conduttori radiofonici, è forse troppo carico di enfasi, ma dimostra che, inequivocabilmente, ognuno di noi deve fare la propria parte contro simili pericoli.

Film: The Clone Wars

Star Wars: The Clone Wars

Un film di Dave Filoni. Genere Animazione, colore 98 minuti. - Produzione USA, Singapore 2008. - Distribuzione Warner Bros Italia


clone_warsLe Guerre dei Cloni sconvolgono la galassia e gli eroici Cavalieri Jedi si battono per mantenere lordine e riportare la pace. Ad Anakin Skywalker e alla sua allieva Padawan, Ahsoka Tano, viene affidata una missione dallesito cruciale, una missione che li pone di fronte al re del crimine Jabba the Hutt. Ma il Conte Dooku e i suoi agenti malvagi, compresa la spietata Asajj Ventress, non si fermeranno davanti a niente pur di impedire ad Anakin e ad Ahsoka di compiere la loro missione. Intanto sulla linea del fronte delle Guerre dei Cloni, Obi-Wan Kenobi e il Maestro Yoda guidano limponente esercito dei cloni nel valoroso tentativo di resistere alle forze del lato oscuro.

Solita enfasi. Solita magniloquenza. Dopo i tre prequel, e lottima serie di cartoni di Genndy Tartakovsky, ecco arrivare una nuova serie per raccontarci la Guerra dei Cloni. La "leggenda", ad uso e consumo degli addetti al marketing della Lucas, vuole che lo stesso George Lucas sia stato così entusiasta della nuova serie in grafica 3D, originariamente pensata per la televisione, da volere questo film per le sale, che della serie rappresenta lantefatto.

Abbiamo smesso di credere alle favole da molto tempo. Lucas è un mago del marketing, e la cosa sta cominciando a venirci anche a noia. Nessuna ipocrisia, ma se cè una operazione che di artistico non ha neanche il pretesto è proprio questa. Nessuno pensa che si debba lavorare per la gloria, ma almeno lo sforzo di conciliare arte e mercato ogni tanto varrebbe la pena farlo.

Il prodotto in questione cerca di raccogliere nuove fette di mercato. Il giocattolone di Lucas non ha molto appeal nei confronti degli adolescenti attuali, non nella misura che ne aveva negli anni 70 e 80. Lintroduzione del personaggio di Ahsoka Tano dovrebbe colmare questo vuoto, introducendo un personaggio adolescente nel pantheon dei personaggi della saga. Un personaggio nato morto. Geniale!

Lintera saga nasce morta, senza emozioni. Che senso ha seguire una storia della quale conosciamo lepilogo tragico? Riusciamo veramente a trepidare per il destino dei nostri "eroi"? Non credo di farvi chissà quale tragico annuncio, lo abbiamo visto nel terzo prequel, Revenge of The Sith, come finisce la Guerra dei Cloni.

E se proprio era necessario colmare il vuoto tra EPII ed EPIII, non cera già la bella serie sopra citata? Quella serie era un piccolo gioiellino minimalista. Piccole cronache di guerra, disegnate con uno stile personale.

Questo film è linizio di una serie logorroica e magniloquente, che sembrerebbe raccontare in modo diverso quanto già raccontato. In realtà, molto furbamente, la serie si pone negli interstizi narrativi dellaltra. Ma questi interstizi si fanno sempre più piccoli, e il rischio di contraddizioni con il resto è in agguato. Esempio ne è un Obi Wan Kenobi che "non ha mai posseduto droidi", e che gira per tutto il film (ma lo faceva anche negli altri prequel), con il fido R4.

Ma non solo solo ombre narrative in questo film. La grafica in realtà è semplicemente eccezionale. Specialmente nelle sequenze di battaglie stellari. Certe sequenze sembrano tratte da un live action, non da un film di animazione. Discutibile e impersonale però è la caratterizzazione dei personaggi, animati con una piattezza espressiva superata persino dalle marionette dei Thunderbirds. Legnosi e pupazzosi sono quindi i movimenti dei personaggi e nulla la loro dinamica facciale.

I dialoghi raggiungono il minimo storico per la loro banalità. Triste poi il fatto che del cast originale le uniche voci siano quelle di Samuel Jackson (Mace Windu), Antony Daniels (C3po)  e Christopher Lee (Conte Dooku), che testimonia il senso di una operazione al risparmio, ingiustificata se il target deve essere la sala cinematografica, ma assolutamente televisiva. Ammirevole la scelta del doppiaggio italiano, nel quale le voci di Anakin Skywalker, Obi Wan Kenobi, Padme Amidala, C3PO e Yoda sono le stesse dei film.

Le musiche  di Kevin Kiner hanno il loro migliore momento solo nelle citazioni dei temi di John Williams, per il resto sono impersonali.

Attendiamo la serie televisiva, ma senza trattenere il fiato nellattesa.

Film: Kung Fu Panda

Kung Fu Panda

Un film di Mark Osborne, John Stevenson. Genere Animazione, colore 95 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione Universal Pictures


Cè un tema ricorrente nei film di animazione. Che poi è un tema classico della favola.

Ossia quello dellambizione di chi, apparentemente destinato a un vita "normale", è invece destinato alla grandezza, al riscatto dalla sua condizione di normalità.

kung_fu_pandaNei cartoni, sia Disney/Pixar, che adesso anche in quelli Dreamworks, è sempre presente, coniugato in maniera più o meno riuscita.

Questa è la volta di un panda, animale che non è il simbolo dellagilità, che sogna di diventare un guerriero esperto di Kung Fu. Io non sono esperto di tecniche Kung Fu e mi sono andato a documentare. Tra animali e tecniche di lotta cè una precisa analogia, in questo sembra che gli autori siano stati molto ben documentati. La trovata, portatrice sia di umorismo che di conflittualità, è lintroduzione in questa mitologia di un panda.

Metteteci la recente riscoperta dei film di arti marziali cinesi degli anni 70. Aggiungete al tutto un motivetto orecchiabile, sempre dellepoca, ossia Kung Fu Fighting, ed ecco che avete un potenziale blockbuster.

La missione è compiuta, con fredda professionalità. In realtà il personaggio è simpatico, ma non buca lo schermo. Alcune battute sono carine, fanno sorridere, ma nulla di più. Nulla che emozioni veramente. Il film va prevedibilmente verso tutte le direzioni annunciate. Non riusciamo a dubitare neanche per un istante che il panda Po possa fallire nel diventare il temibile guerriero dragone. Anche la rivelazione finale, ossia quale sia la vera fonte del potere assoluto, celata nella pergamena, è praticamente telefonata. Il maestro Shifu è un condensato di Yoda e Maestro Myiagi. Il "metti la cera e togli la cera" è sostituito dallo sfruttare la golosità di Po al fine di allenarlo al Kung Fu. Gli altri personaggi sono un mero contorno, e non si sviluppano mai. Lantagonista non fa paura praticamente a nessuno e fa anche un po pena, perchè lo immaginiamo sin dalla prima scena umiliato dal panda e la cosa non è bella.

Insomma un onesto spettacolo per famiglie, non siamo ai penosi livelli di Madagascar, un film che gli stessi bambini trovavano noioso. Fatto molto bene. Ma i tempi in cui ci stupivamo per la prodigiosa tecnica di animazione 3D sono passati. Il mezzo è maturo, e la perizia tecnica va assecondata con buone storie.  Il Ratatouille di Brad Bird insegna.

Un "premio" speciale al casting italiano. Lidea di fare doppiare qualsiasi cosa a Fabio Volo grida vendetta. Lasciatelo in TV, che si diverte assai, e fate lavorare i professionisti del ramo, per favore.

Film: Pranzo di Ferragosto

Pranzo di Ferragosto

Un film di Gianni Di Gregorio. Con Gianni Di Gregorio, Valeria de Franciscis, Alfonso Santagata, Marina Cacciotti, Maria Cali, Grazia Cesarini Sforza, Luigi Marchetti, Marcello Ottolenghi, Petre Rosu. Genere Commedia, colore 75 minuti. - Produzione Italia 2008. - Distribuzione Fandango

Gianni non si sa bene cosa faccia. Probabilmente nulla, forse una volta ha lavorato, forse è un disoccupato cronico, non si sa bene.
Ma sicuramente è molto impegnato ad occuparsi della madre, nobile decaduta, resa ancora più capricciosa dallavanzare delletà.
Fatto sta che Gianni è pieno di debiti, deve soldi ai vari commercianti, che gli pranzofanno perennemente credito, ed anche al condominio, che addirittura gli impedisce di usare lascensore, tanto è moroso, negandogli la chiave necessaria al suo utilizzo.
E quasi ferragosto, fa caldo, quando Gianni riceve la visita dellamministratore di condominio. Questi gli ricorda il suo indebitamento, ammontante a parecchie migliaia di euro, e gli fa una proposta: salderà lui la sua situazione debitoria, a patto che Gianni ospiti lanziana madre dellamministratore il giorno di ferragosto. O bere o affogare, Gianni accetta il patto. Un solo giorno, e che sarà mai? Purtroppo le cose non si rivelano così semplici. Lamministratore si presenta anche con la sua vecchia zia, per cui il numero di vecchiette alle quali badare aumenta. Ma le sorprese non sono finite. Il suo medico di fiducia lo visita gratis e, in una improvvisata economia di scambio, gli chiede di ospitare la madre, poichè egli è stato improvvisamente chiamato per un turno di notte, e la badante si trova in ferie. Quindi Gianni si ritrova in casa quattro donne anziane, in tre camere, bagno e cucina.
Lapproccio alla vicenda, e a ciò che ne consegue è lieve. Non superficiale, ma sicuramente non siamo nel territorio del dramma, ma della garbata commedia. La trama è quindi fatta di piccole quotidianità, le ripicche tra le donne, i capricci di chi mangia un cibo che non potrebbe mangiare, le fughe romantiche di chi si sente ancora letà per fare questo e altro. Una storia che il regista, già sceneggiatore (Gomorra, un titolo per tutti), e aiuto regista di Matteo Garrone, ha dichiarato di avere estratto dalla sua esperienza personale. Poche e ben delineate idee. In un epoca in cui molti gettano sul piatto tante e confuse ideuzze, meglio chi non tenta di inerpicarsi in pericolosi sentieri narrativi, magari senza uscita.
Nelloperazione il regista è aiutato da un cast sicuramente ben affiatato, fatto di non professioniste comunque assolutamente disinvolte davanti alla macchina da presa.
Non grido al capolavoro, ma il film mi ha messo di buonumore. Da vedere.

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