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ALESSANDRO NIVOLA as Dickie Moltisanti in New Line Cinema and Home Box Office’s mob drama “THE MANY SAINTS OF NEWARK,” a Warner Bros. Pictures release.

I molti santi del New Jersey

Attendevo da molto tempo l'arrivo del film I molti santi del New Jersey. in originale The Many Saints of Newark. Non parlo molto di serie TV, ma sono una delle mie passioni. E tra le serie televisive una di quelle che ho amato di più è I Soprano, ideata da David Chase, andata in onda dal 1999 al 2007 su HBO negli USA e sui canali Mediaset e Sky nel nostro paese.

Della serie il film appena uscito nelle sale è un prequel, narrante vicende a cavallo tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70.

Se I Soprano è un capolavoro delle serie televisive, I molti santi del New Jersey è invece un film mal riuscito.

L'intento della storia era quello di mostrarci come Tony Soprano sia diventato quello che abbiamo conosciuto, attraverso la storia di Dickie Moltisanti (dal quale deriva il gioco di parole del titolo), zio preferito di Tony. 

Nella messa in scena si perde uno dei primi elementi che avevano reso I Soprano un capolavoro. La verità che aveva caratterizzato l'approccio alla materia Mafia della serie si perde, con personaggi che sono poco più che macchiette e con divagazioni su eventi storici posticciamente connesse con l'intreccio principale. Quello che viene fuori è un clone in formato ridotto di film come Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese. Ma Alan Taylor, un buon mestierante, regista di vari episodi della serie originale, di episodi de Il trono di Spade e al cinema di Thor: The Dark World, non ha neanche una frazione del geniale talento di Scorsese. Inutile anche solo entrare nel merito della regia.

Fastidiosa è la presenza di numerosi "momenti profezia", ovvero quelle frasi lapidarie messe in bocca a vari personaggi nelle quali si presagiscono i futuri tragici sviluppi. Sono tipici dei prequel posticci e non ben congegnati per essere una narrazione autonoma.

(L-r) MICHAEL GANDOLFINI as Teenage Tony Soprano and ALESSANDRO NIVOLA as Dickie Moltisanti in New Line Cinema and Home Box Office’s mob drama “THE MANY SAINTS OF NEWARK,” a Warner Bros. Pictures release. - © 2021 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved. Photo Credit Barry Wetcher

Il cast fa quello che può, i pur bravi Alessandro Nivola, nel ruolo principale di Dickie Moltisanti, Vera Farmiga in quello di Mamma Soprano, Jon Bernthal e Corey Stoll, rispettivamente nei ruoli di Johnny Soprano e Junior Soprano, reggono dignitosamente la parte. Fuori parte appare Michael Gandolfini, figlio di James Gandolfini (Tony Soprano nella serie), nel ruolo di Tony adolescente. Onore al merito per aver affrontato la fossa dei leoni accettando il confronto con il suo compianto padre, ma purtroppo, complice anche una scrittura frammentata e poco sviluppata, gira troppe volte a vuoto.

Fasulle come monete da 3 euro sono infine le caratterizzazioni degli iconici Silvio (John Magaro) e Paulie (Billy Magnussen).

Dal finale del film si desume che potrebbero essere vere le voci di una serie prequel incentrata sul giovane Tony Soprano, sempre smentite da HBO. 

Il risultato mediocre del film lascia intendere che forse sarebbe meglio lasciare perdere. Ma non credo che sia solo questo il motivo. 

Da un lato, in virtù del suo finale capolavoro, ben prima che morisse prematuramente Gandolfini,  I Soprano non consente seguiti.

Da un altro punto di vista la vera parte originale e interessante della storia di Tony Soprano inizia proprio con la sua crisi, con le sue domande enigmatiche e il confronto con se stesso che ha vissuto negli 86 episodi della serie. Prima era la storia di un gangster qualunque, e da questo punto di vista il già citato Quei Bravi Ragazzi ha raccontato già bene la storia di "gangster qualunque".

L'originalità della serie è stata quella di aver proposto un punto di vista totalmente diverso dal film di Scorsese o da Il padrino di Francis Ford Coppola. I molti santi del New Jersey invece chiude il cerchio riprendendo quei modelli, in forma di cattiva imitazione,  senza aggiungere nulla di importante alla storia di Tony Soprano.

 

I molti santi del New Jersey, sinossi ufficiale

I molti santi del New

I molti santi del New Jersey

"I Molti Santi del New Jersey" della New Line Cinema, è il tanto atteso prequel dell’innovativa e pluripremiata serie drammatica della HBO "I Soprano".
Il film è ambientato negli esplosivi anni '60, nell'epoca delle rivolte di Newark e degli scontri violenti tra la comunità afroamericana e quella italiana. E in particolare, è tra i gangster dei rispettivi gruppi, che la pericolosa rivalità diventa particolarmente letale.
"I Molti Santi del New Jersey" è interpretato da Alessandro Nivola ("Disobedience", "American Hustle – L’apparenza inganna"), il vincitore del premio Tony, Leslie Odom Jr. ("Hamilton" a Broadway, "Assassinio sull’ Orient Express"), Jon Bernthal ("Baby Driver – Il genio della fuga", "The Wolf of Wall Street"), Corey Stoll ("First Man – Il primo uomo", "Ant-Man"), Michael Gandolfini (la serie TV "The Deuce: La via del porno"), Billy Magnussen ("Game Night – Indovina chi muore stasera?", "La grande scommessa"), John Magaro ("L’ultima tempesta", "Not Fade Away"), Michela De Rossi ("La terra dell’abbastanza," la serie TV "I topi") con il vincitore dell'Emmy, Ray Liotta (la serie TV "Shades of Blue", "Quei bravi ragazzi") e la candidata all'Oscar Vera Farmiga ("Tra le nuvole", i film "The Conjuring").
Alan Taylor ("Thor: The Dark World"), che ha vinto un Emmy per la regia de "I Soprano", ha diretto il film da una sceneggiatura del creatore della serie David Chase, e Lawrence Konner, basata sui personaggi creati da Chase. La produzione è di Chase e Konner mentre Michael Disco, Richard Brener, Nicole Lambert e Marcus Viscidi sono i produttori esecutivi.
La squadra creativa di Taylor che ha lavorato dietro le quinte comprende il direttore della fotografia Kramer Morgenthau ("Creed II", "Thor: The Dark World"), lo scenografo Bob Shaw ("The Wolf of Wall Street", "I Soprano"), il montatore nominato all’Oscar Christopher Tellefsen ("L’arte di vincere", "A Quiet Place- Un posto tranquillo") e la costumista Amy Westcott ("The Wrestler", "Il cigno nero").
"I Molti Santi del New Jersey" è stato girato nel New Jersey e New York, e nel film sono presenti diversi personaggi famosi della serie originale che ha ispirato il film. Andata in onda per sei stagioni, la serie "I Soprano" - ampiamente considerata come una delle più grandi e influenti serie drammatiche televisive di tutti i tempi - è stata premiata con 21 Primetime Emmy Award, cinque Golden Globe e due Peabody Award, solo per citare alcuni riconoscimenti.
New Line Cinema presenta, in associazione con Home Box Office, una produzione Chase Films: "I Molti Santi del New Jersey". Il film sarà distribuito in tutto il mondo dalla Warner Bros. Pictures.

 

 

 

Sentieri di Notte e Partita di Anime, riflessioni sul romanzo moderno

Sentieri di Notte

Sentieri di NotteChe energia è racchiusa nel Chakra del Castello di Cracovia? E chi è Luther, l’androide che una notte del settembre 2025 si sveglia sulle sponde del Lago di Lucerna con accanto a sé il corpo del suo creatore? Un mistero si profila su un’Europa messa sotto scacco dalla Macros, multinazionale informatica che da Berlino ha preso il potere, privando il continente di internet e dell’energia,  mentre a Cracovia un’enigmatica nube bianca avanza inglobando la città. La salvezza sta nel cuore di quella nebbia, attraversata da uno studioso irlandese di teologia in cerca del suo passato, e nel viaggio verso la Polonia di Luther e del programmatore cieco Christoph Krueger.

 

Sentieri di Notte e Partita di anime, oltre ad avere un legittimo autore , Giovanni Agnoloni, hanno diversi padri putativi. La questione delle influenze in un testo è dipendente, il più delle volte, dall’esperienza di chi legge. Gli scrittori sono anche lettori e trasferiscono in modo più o meno inconsapevole le loro esperienze. Chi legge talvolta crede di individuare tali influenze, ma quando queste non sono esplicite o palesi nella maggior parte delle occasioni, tende solo a vedere quello che è la propria esperienza. Detto questo ritengo che Agnoloni abbia tra i padri putativi dei suoi romanzo almeno Philip K. Dick e William Gibson, specialmente quest’ultimo, nelle ricerca della forma letteraria.

Ma se posso sbilanciarmi oltre, Agnoloni è un degno seguace del romanzo calviniano.

Nei due romanzi in questione possiamo bene indentificare gli elementi che nelle Lezioni Americane Italo Calvino individuò per la loro universalità e pregnanza.

 

Leggerezza, Esattezza, Rapidità, Molteplicità e Visibilità sono i titoli di queste lezioni.

Calvino sostiene che la scrittura trae giovamento dalla "sottrazione di peso" e di aver sempre perseguito l'alleggerimento della struttura del racconto e del romanzo. Una leggerezza che non va mai confusa con la superficialità o l'approssimazione. Non tagliare per tagliare insomma. Agnoloni ottiene tale leggerezza persenguendo anch’egli la "precisione del linguaggio", che diventa senza peso e "aleggia sopra le cose come una nube". A immagini evocate con leggerezza non corrisponde quindi una minore pregnanza, anzi è esattamente il contrario.

La precisione richiama il tema dell'esattezza ossia: "Un disegno dell'opera ben definito e ben calcolato; l'evocazione di immagini visuali nitide, incisive, memorabili; un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell'immaginazione".

I personaggi di Sentieri di Notte sono riconoscibili, non parlano con voce unica. Questo lavoro di cesello consente l’esatta percezione del loro status, di conciliare la razionalità della costruzione narrativa con “il groviglio delle esistenze umane".

Il preciso susseguirsi di eventi, di intrecci di relazioni tra personaggi, in sintesi, la rapidità nella gestione dei nessi causa effetto, è un altro punto di forza delle due opere, e porta alla coerenza della trama, con la convergenza dei personaggi al momento della risoluzione finale.

Per Calvino al riguardo della molteplicità, il romanzo moderno deve proporsi come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo. In Sentieri di notte ad assolvere questo ruolo sono le voci che s’intrecciano, le coscienze delle entità si trasformano e si rivelano, nel loro viaggio compiuto in una Europa, luogo di Storia e memoria. Berlino, Cracovia, città simbolo di divisioni e di storiche tragedie.

Le forti metafore visive, come la nebbia che tutto avvolge, le costruzioni olografiche, l’immane crollo della rete, portano dritti alla visibilità, intesa come capacità di evocare potenti immagini, e quindi dare visibilità alla Fantasia, frutto del nostro inconscio. In tal senso abbandonando il visivo del l cyberpunk diventandone “post”, abbandona la virtualità, con un brusco ritorno alla “realtà”, alla tangibilità, ma allo stesso tempo alla potenza della metafora.

I personaggi, non disperdendo le loro capacità di pensare per immagini, rielaborano il mondo e l’esperienza che vivono, dando nuovi significati, facendo tabula rasa per ripartire da zero.

Da alcuni appunti si sa solo che nell l'ultima lezione Calvino avrebbe voluto trattare il tema della coerenza, prendendo a esempio il  racconto di Herman Melville Bartleby lo scrivano, una novella dell'assurdo che narra di un impiegato di Wall Street che lavora presso un avvocato trascrivendo atti giudiziari, che a un certo punto si rifiuta di lavorare rispondendo: «Preferirei di no». Per rimanere coerente al suo nuovo mondo Bartleby arriverà a morire di fame in prigione. Purtroppo non sapremo mai cosa voleva raccontarci Calvino in proposito.

Ma sappiamo che la coerenza dei protagonisti dei romanzi di Agnoloni li porta ad affrontare le conseguenze delle loro scelte, in tutta la loro durezza.

 

Partita di Anime

Partita di animeDue racconti a sé stanti, eppure legati da un filo sottile, sullo sfondo di un'Europa ormai priva di internet. Nel primo, un giornalista indaga sull'omicidio di un assicuratore italiano nel cuore di Amsterdam. Sulle tracce dell'assassino, scoprirà di essere al centro di una partita di anime impegnate a ricucire il tessuto strappato delle proprie vite. Nel se­condo seguiamo le peregrinazioni notturne di uno scrittore per le vie di una Firenze segreta, alla ricerca del suo amore perduto. Una lettera ci introduce nell'avvincente spin off di Sentieri di Notte, in attesa degli eventi che animeranno il suo sequel.

 

Tutti gli elementi riconosciuti in Sentieri di Notte, sono presenti anche nel secondo romanzo Partita di Anime, anzi nella novella e nel racconto. In essi però il mondo è uno sfondo, non il principale motore narrativo.

Il racconto di storie la cui conseguenza degli eventi della caduta è apparentemente marginale. Ma come ha senso il racconto delle grandi tragedie, delle persone coinvolte in modo diretto, lo ha quello di coloro che con le conseguenze vivono “normali esistenze”.

Il tema di questo ciclo della “caduta di Internet” in Partita di Anime diventa quello delle biforcazioni, delle esistenze parallele, dei molteplici piani delle esistenze, possibili e impossibili, e di un loro collasso in un una sola realtà.

Si fa presto a dire “realtà”.

Due letture dense e interessanti, quanto appaganti.

Giovanni Agnoloni, Sentieri di notte
Galaad Edizioni - Collana Larix - Pag. 230 - 12,00 €
ISBN 978-88-95227-79-5

 

Giovanni Agnoloni, Partita di anime
Galaad Edizioni - Pag. 88 - 10,00 €
ISBN: 9788898722082

 

Man of Steel poster

Man of Steel, ovvero ciccioli di recensione

Man of Steel posterQualche mese fa avrei dovuto recensire Man of Steel di Zack Snyder. Dovuto. Parola grossa. Diciamo che di fronte a una mia prima impressione negativa del film, mi è stato chiesto di esprimermi con più chiarezza sulle mie perplessità. Dopo qualche mese dall'uscita del film, distratto da altre incombenze, non ho ritenuto veramente più opportuno recensirlo, bensì riflettere su alcuni eventi che hanno caratterizzato la stagione cinematografica. In particolare ai veri e propri eventi scismatici che hanno diviso il fandom di recente. Ossia Star Trek: Into Darkness, secondo film di J.J. Abrams dedicato all'universo creato da Gene Roddenberry  e appunto Man of Steel. Ne è venuto fuori un articolo per FantasyMagazine, che trovate a questo link.

In realtà qualche cosa da dire l'avrei, e anci l'avevo pure scritta a suo tempo. Trattandosi di deliri allo stato puro avrei dovuto risparmiare i 3-4 lettori giornalieri di questo blog (che ci vengono a fare se non l'aggiorno da maggio dico io? mah). Ma siccome ora ho voglia di riaprire il blog, ecco che faccio come si fa con il maiale, non si butta niente, vi sottopongo i ciccioli della mia recensione che non fu.

Se non sapete cosa sono i ciccioli sappiate che "sono un prodotto alimentare ottenuto dalla lavorazione del grasso presente nel tessuto adiposo interno del maiale nella preparazione dello strutto." (fonte Wikipedia)

Una vera schifezza, con una densita calorica per grammo paragonabile a una supernova. La prima volta che li ho mangiati li ho scambiati per patatine o similia e penso di avere immesso nel mio organismo l'intero fabbisogno calorico di un piccolo stato.

Questo per dirvi che le riflessioni che seguono sono parti di risulta, grezze e un po' indigeste.

Quella che enuncerò in questo articolo, mi dispiace per voi che leggete, non è la mia opinione, influenzata dal gusto, dalle mie attitudini e aspettative, oggettivamente soggettiva come tutte le opinioni devono essere. Oggi, come un bravo PUV (Se non sapete cosa è un PUV rileggetevi il mio articolo su Fantasymagazine).

No, questa è la verita sul perché Man of Steel poteva essere un bel film invece non lo è. Lettori avvisati.

L'esordio del film è l'origine del personaggio. Il pianeta Krypton è condannato. È un mondo la cui società è in decadenza. Dopo aver esplorato le stelle, ha perso ogni stimolo, cominciando a praticare l'eugenetica, imponendo nascite artificiali, codificando il DNA di ciascun abitante in un preciso compito. Jor-El, non si capisce quando segretamente, ha concepito con sua moglie Lara un figlio biologico, senza programmazione. In realtà però per il figlio uno scopo ce l'ha anche lui, visto che lo vuole destinare dall'imminente disastro che sta per coinvolgere il pianeta.

Lo sconsiderato attingere, al fine dello sfruttamento energetico, al nucleo del pianeta, ha fatto sì che questo stia per collassare, distruggendo il pianeta.

Nonostante il consiglio degli anziani di Krypton gli creda, è fatalmente rassegnato a tale destino, tanto da provocare le ire del Generale Zod, comandante in capo delle forze armate, programmato geneticamente per attuare tutte le strategie possibili per salvare il pianeta o i suoi abitanti.

Jor-El ha un piano: spedire il figlio sul lontano pianeta Terra, la cui struttura lo doterà di poteri superiori a quelli dei suoi abitanti e, insieme a lui, spedire il corredo genetico di Krypton, per farlo rivivere lì mescolato agli umani. L'idea piace a Zod, ma vorrebbe essere lui a volare sulla nello spazio con tale codice genetico, per salvare la razza kryptoniana e magari rifondare il pianeta per com'è.

I due si scontrano e, nonostante che Zod riesca a uccidere Jor-El, questi riesce a spedire il pargolo sulla Terra, dando il tempo al consiglio dei kryptoniani di arrestare Zod.

Il passaggio successivo suscita parecchie perplessità: nel bel mezzo della catastrofe imminente, con un pianeta ormai condannato, c'è ancora il tempo di processare e punire Zod e i suoi accoliti spedendoli nella Zona Fantasma, salvandogli in pratica la vita, pur condannandoli a un oblio eterno.

Qualcuno potrà dirmi, e mi ha detto, che sto valutando questa decisione con parametri umani. I kryptoniani sono alieni, pertanto fanno quello che gli aggrada, non quello che farebbe qualunque umano sano di mente. Il passaggio non mi convince lo stesso. Tutto sommato quello che alla fine emerge che qualche punto di contatto tra umani e kryptoniani c'è. Sono entrambi primati e senzienti. E quindi la loro alienità non chiude del tutto il cerchio.

Frenetica, piena di scene d'azione veloci, questa introduzione coinvolge visivamente, dà modo a Russell Crowe di trasformare Jor El in un action hero, lasciando intuire da chi il futuro Superman erediterà le sue caratteristiche eroistiche. Ci si chiede per un momento come sia possibile che Jor El abbia rotto la sua programmazione originale di scienziato e sia diventato così abile nel combattimento. Ma le storie interessanti non sono mai quelle di chi si adegua alla massa, ma di quei singoli che, per fortuna, abilità o incidente, fanno la cosa sbagliata al momento sbagliato. Di singoli che rappresentano l'eccezione. Preoccupa il fatto che Jor El sia stato così caino da fare soffrire a sua moglie le pene del parto naturale quando, dopo aver concepito il pargolo, avrebbe potuto semplicemente coltivare l'embrione e spedirlo sulla Terra. Ma tanto mica lo ha portato lui in grembo per nove mesi il piccolo, solo per soddisfare l'ego del marito e farlo sentire un dio.

Insomma la scelta di fondo è: Jor El è un bastardo, non meno motivato di Zod nel suo scopo, ma più sottile.

L'estetica del pianeta Krypton è tardo futurista. Ricorda Flash Gordon, Metropolis e un po' Moebius, specialmente quando Jor El cavalca un gigantesco volatile invece di un aereo. Come spesso accade, è una gara a chi ha l'uccello più grande. Tra l'altro, è chiaro che su Krypton la battaglia tra LCD ed E-Ink sia stata vinta dal secondo, addirittura in versione 3D. Ma quale razza di scienza avanzatissima crea dei display meno avanzati di un cellulare dei "primitivi" terrestri?

E poi che c'azzecca l'estetica da realismo socialista sovietico?

Dopo la distruzione di Krypton il film salta a Clark Kent, ormai adulto, che lavora in un peschereccio sotto falsa identità. Il suo scopo sarebbe quello di passare inosservato, ma non è facile se non si sta un po' attenti. Per esempio, la sua invulnerabilità lo ha reso distratto, ma visto che chi ha intorno non lo sa, ecco che rischia la vita per salvarlo da un possibile pericolo. Non va Kal, non va. Hai i super-sensi. Usali.

Le scene in flashback però mirano a fare comprendere perché Clark sia arrivato lì.

Sin da piccolo ha avuto problemi a gestire i suoi poteri. Rumori, odori, visioni a raggi X invasive. Come può resistere un bambino a tanti stimoli? Come si può impedirgli di massacrare i bulletti che lo perseguitano? Ma' Kent ha la soluzione. Focalizzare il punto, concentrarsi su quello che si vuole vedere o sentire. Non è un grande addestramento, ma funziona. Forse.

Ma se poi ti ritrovi in pulmann che sta affondando con tutti i tuoi compagni di scuola? Non usi il tuo potere e li salvi d'istinto? Ecco che però Pa' Johnathan s'arrabbia, ovviamente, perché ti sei fatto vedere. Che due palle.

Ok, ora vi aspettereste un'analisi dettagliata del resto. Ma i ciccioli sono finiti.

Completo però il ragionamento. L'alternanza tra presente e passato potrebbe anche reggere. Ma quello che mi ha annoiato di Man of Steel è l'indecisione stilistica, incerta tra mainstream e finto indie.

Mi dispiace poi per gli estimatori di Hans Zimmer, ma non si può reggere una colonna sonora su due note.

Senza dilungarmi troppo, perché se no tutto diventa una vivisezione, le palle a terra mi sono cadute in un paio di occasioni.

1) La morte di Pa' Kent. Va bene tutto, va bene che Clark è inesperto, che non vuole dispiacere al Papà, ma ci sono momenti in cui te ne fotti altamente delle regole, e una di queste è quando vedi tuo padre che sta per morire. Se sai di poterlo fare ci provi. Punto. E la tensione drammatica non scatta. Non scatta in quella scena il patto con lo spettatore per il quale credo che Clark non abbia seguito il suo istinto.

2) Distruzioni a go-go. Ok, i Kriptoniani sono cattivi. Distruggono Smallville solo per cercare il maledetto figlio di Jor El. Distruggono un fottio di grattacieli a Metropolis per lo stesso motivo. Però questo non basta a scatenare l'impulso distruttivo di Kal. No. Deve vedere un paio di sfigati, poveretti, minacciati direttamente dal laser di Zod perché Superman si decida a fare l'unica cosa realistica da fare. Uccidere il suo nemico perché in guerra non si fanno prigionieri, specialmente se il tuo nemico voleva compiere un genocidio e ha già parecchie migliaia di morti al suo attivo.

3) Avevo detto 2? Forse sono anche di più. Come cavolo rendono credibile che uno sfigato aeroplano superi le difese di una nave kryptoniana, protetta da supertizi con superpoteri? Quell'aereo, destinato letteralmente a stuprare l'astronave di Krypton, visto che porta con se il fallo gigante con cui Kal è arrivato sulla terra, non doveva avere speranze. Non aveva fuoco di copertura. Anche qui il patto di incredulità non scatta. Però alla fine i rozzi terrestri stuprano i Kryptoniani con lo stesso equivalente di una cerbottana contro un missile nucleare. Mah.

4) Di falli giganti è piena Krypton. Ma non l'ho notato solo io questo particolare. Per cui non dico nulla di nuovo. Mi sembra una ossessione compensativa. Non so.

5) Un passo indietro. Lo slug-fest, ovvero la scazzottatona finale tra Superman e Zod dura TROPPO. Alla ventesima volta in cui hanno usato l'effetto speciale del corpo che attraversa un grattacielo da parte a parte nessuno ha preso da parte Snyder per dirgli: "ma non stiamo esagerando? Hanno capito che sono due cazzutissimi kryptoniani che se menano di brutto".

 

Insomma Zack Snyder, per me hai toppato alla grande. Man of Steel è di una bruttura cosmica. Immotivato nelle sue ragioni di fondo. Ridondante dal punto di vista della costruzione cinematografica. Una ciofeca insomma, detto tecnicamente.

 

 

Film: Ribelle - The Brave

Titolo originale Brave (USA 2012) Un film di Mark Andrews. Con le voci di Rossa Caputo, Anna Mazzamauro, Ugo Maria Morosi, Emanuele Rossi, Shel Shapiro, Enzo Iacchetti, Giobbe Covatta, Fabrizio Mazzotta  - Distribuito da Walt Disney

 

La verità è che l'ultimo film della Disney/Pixar è bello. Bellissimo.

Sin dall'incipit, che ha il giusto senso del ritmo. Un quadretto familiare apparentemente tranquillo. Nella Scozia medievale Re Fergus e della Regina Elinor e Merida, la loro figlia sembrano godersi un momento di quiete. Ma fuggendo dalle banaltià Merida non sta facendo giochi da maschio. Ha una passione sfrenata per il tiro con l'arco, e il papà la incoraggia regalandole una versione piccola, ma funzionante, dell'arma, con la disapprovazione della madre. Sì, c'è sempre un genitore accondiscendente, è vero.

Mentre Merida si addestra irrompe un enorme orso e l'incipit termina di netto mentre il padre si lancia verso l'animale per proteggere la famiglia.

Impossibile descrivere l'autentico tuffo al cuore che ho provato. È una questione di sfumature, bastava poco per narrare gli stessi eventi in modo meno pregnante, meno emozionante. Non so. Funziona.

Dopo il breve titolo di testa (i credits li vedremo tutti a fine film), ritroviamo Merida qualche anno dopo, adolescente. É diventata abilissima con l'arco, con la ovvia disapprovazione delle madre e l'orgoglio sotto i baffi del padre, che contro l'orso perse una gamba. Ha tre pestiferi fratellini gemelli, rossi anche loro di capigliatura, che ne combinano di tutti i colori.

La madre, sempre bellissima e altera, ha un piano per lei, darla in sposa a uno dei tre principi pretendenti, allo scopo di ricomporre un'antica faida e assicurare al regno la pace duratura.

Ovviamente alla ragazza di piegarsi alla ragion di stato non interessa proprio, e fugge dopo aver battuto, proprio al tiro con l'arco, gli improbabili pretendenti alla sua mano. Non è solo abile con l'arco la giovane, è anche abbastanza furba da interpretare nel modo giusto il regolamento del torneo. Ma forse non lo è così tanto quanto crede. Fuggita dopo aver litigato per l'ennesima volta con la madre, chiederà a una strega (citata pari pari dai film di Miyazaki), una magia che possa cambiare la madre in modo che non la costringa più a sposarsi.

Se è stata così furba a capire il regolamento del torneo, il suo furore e anelito di libertà non le faranno bene comprendere le conseguenze della magia che userà verso la madre che subirà una trasformazione imprevedibile.

Comincerà quindi la vera avventura di Merida, che dovrà salvare la madre dalla magia, il regno dalla guerra e se stessa da un destino che non le appartiene. Sarà un percorso di crescita che farà maturare madre e figlia e, ovviamente, il loro rapporto.

Saranno tante le emozioni che la sceneggiatura di Brenda Chapman e Irene Mecchi ci propone. La Chapman firna anche la regia, insieme a un altro veterano dell'animazione, Mark Andrews.

Ne viene fuori un film che riesce a toccare tutte le corde, dalla commedia a momenti horror che non fanno invidia alla vecchia Biancaneve, per lanciarsi nella pura avventura fantasy.

Mi dispiace spoilerare, ma qui non c'è nessun aspirante principe che impalmerà la bella. C'è il percorso di due donne, la giovane Merida e la madre Elinor, che impareranno ad ascoltarsi, e che mediante il percorso avventuroso troveranno la maniera più intelligente di risolvere la situazione, mentre i maschietti, diciamo la verità, fanno una mera figura, presi come sono a darsi cazzotti senza ragione, bere e gozzogovigliare.

Non che il re Fergus sia una figura di mero contorno, ma parliamoci chiaro, qui sono le donne a salvare la giornata, fosse per gli uomini non ci sarebbe stato rimedio ai guai.

 

Tecnicamente il film è talmente superbo da dare autentiche emozioni. Dalla camminata barcollante e tenera della Merida piccola, alla nervosa precisione della sua capigliatura adulta, agli stupendi paesaggi, sono tante le prove di autentica arte che il film propone.

 

Sceneggiatura intelligente, arte allo stato puro, cuore e tecnologia. Ribelle – The Brave è un'altra pietra miliare della produzione Disney/Pixar. Un capolavoro assoluto.

Ps. Ve lo dico casomai non lo sapeste Brave significa "coraggioso" e non "ribelle", ma pazienza. Non che Merida non si riveli più che una ribelle, ma se volete imparare l'inglese mediante le traduzioni dei titoli dei film è meglio che vi avvisi. In ogni caso ho visto anche un poster, che allego all'articolo, che accenna al vero significato della parola.

Libri: Il bibliotecario

Mikhail Elizarov, Il bibliotecario (2008) - FANTASTICO - Atmosphere Libri - 2011 - traduttore: Simone Guagnelli - pagine 240 - prezzo 19,00 euro

Pseudo scrittore e tanti pseudo biblia in questo romanzo russo ai confini del fantastico. Lo scrittore dimenticato Dimitrj Gromov è autore di libri il cui potere non è solo quello, a noi noto, di suggestionare e di affascinare i lettori. C'è di più. I libri di Gromov, all'apparenza novelle scritte con enfasi e sentimentalismo, con una prosa lirica e altisonante, sono capaci di scatenare nei lettori dei poteri che possono renderli più che umani. Memoria, sopportazione del dolore, forza fisica possono ampliarsi oltre ogni limite.

Intorno a questi volumi si aggregano quindi gruppi di lettori, che imparano a conoscere i volumi con titoli diversi da quelli in precedenza noti. Titoli che chiariscono le potenzialità dei volumi, come il Libro della Forza, il Libro della Potenza, il Libro della Sopportazione e, libro dei libri, il Libro del Significato.
I gruppi, però non vivono in pace e in armonia, bensì fanno in realtà parte di un mondo parallelo, nel quale le biblioteche e le sale di lettura che possiedono gli ambiti volumi sono nascoste dietro facciate di associazioni di comodo.
E non mancano gli scontri tra i vari gruppi, vere e proprie sette, ognuna dotata del suo codice e linguaggio iniziatico. Non manca una sorta di regolamento comune di questi scontri, che disciplina luoghi e armi da usare.
In questo mondo parallelo precipita a un certo punto il giovane Aleksej, quando dalla natia Ucraina arriva a Mosca, in seguito alla morte dello zio dal quale eredita la biblioteca di cui era titolare.
Aleksej si ritroverà coinvolto suo malgrado in questi giochi mortali, costretto a prendere decisioni estreme per sopravvivere.

Non c'è solo il racconto di questo mondo secondario però nel romanzo.
L'immaginario scrittore Gromov è vissuto in piena era sovietica, epoca nella quale giovane protagonista è nato, per poi trovarsi, nel bel mezzo della sua formazione, in piena Perestrojka, mentre la vicenda in cui si trova ora coinvolto è ambientata in quel mondo di transizione che in un certo senso è ancora oggi l'ex Unione Sovietica.
Aleksej ha vissuto, nella pur breve prima parte di vita, tutto il senso di spiazzamento di chi è nato con alcune certezze, e nel corso della sua vita le ha viste crollare. L'esperienza che vivrà nel suo nuovo mondo non gli è quindi estranea. Dovrà quindi disimparare quanto appreso nella sua vita precedente e imparare cose nuove, creandosi nuovi punti di riferimento, imparando a vivere senza certezze.

Dopo queste premesse ci potrebbe aspettare una lettura impegnativa. Invece l'agile prosa del romanzo ci porta senza fatica a scoprire il perché di tante lotte senza quartiere e il come e se il giovane Aleksej reggerà il peso dell'eredità dello Zio. Tante domande troveranno risposte in una lettura appassionante che non vorreste che finisse, nonostante l'insano impulso di girare ogni pagina per sapere cosa succederà nella successiva.
E' una esperienza di lettura totalizzante e immersiva. Un volume coinvolgente e appassionante. Un atto di amore verso il potere dei libri e della lettura.

Recensione pubblicata anche su http://www.fantasymagazine.it/libri/15779/il-bibliotecario/

 

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