Un film di Sam Mendes. Con Daniel Craig, Judi Dench, Javier Bardem, Ralph Fiennes, Naomie Harris, Berenice Marlohe, Ben Whishaw, Albert Finney, Rory Kinnear, Ola Rapace, Tonia Sotiropoulou, Helen McCrory
Azione, durata 143 min. - USA, Gran Bretagna 2012. - Sony Pictures
 

Bond è tornato di nuovo.
Se nel 2008, con Casinò Royale, si assistette a un reboot della saga, questo film, pur continuando in un certo senso quella strada, è qualcosa di più di un "episodio della serie".
L'inizio è canonico. Una situazione colta "in medias res". Una missione in corso nella quale si suppone che Bond funga da agente di copertura. Ma qualcosa deve essere andato storto perché 007 fa irruzione in un appartamento dove trova un agente dell'MI6 ferito mortalmente e un computer portatile dal quale è stato asportato l'hard disk.  Bond e l'agente Eve (Naomie Harris) non sono da soli, poiché sono in stretto contato con M (Judi Dench, lo devo per forza dire?) e tutto il servizio segreto a Londra. Il disco viene tracciato subito e Bond si butta all'inseguimento del ladro e assassino lungo le vie, i tetti e le ferrovie di Instabul.  La sequenza è frenetica ed emozionante. Ci rendiamo conto però che se qualcosa sembra rispettare la tradizione (l'abito di Bond non fa una piega anche strapazzatissimo!) anche se ci sono anche piccoli elementi che presagiscono che forse stavolta l'esito dell'inseguimento non sarà scontato. Bond viene ferito a una spalla da un proiettile, nonostante ciò però affronta il suo avversario sui tetti di un treno. L'agente Eve, poco lontano deve sparare per colpire l'agente nemico prima che fugga. Ma il tiro non è sicuro, il rischio di colpire Bond è alto. M da perentoriamente l'ordine di sparare. La missione prima di tutto. Ed ecco che accade quanto si temeva. A essere colpito è Bond, che precipita in fiume, catapultato verso i titoli di testa e la bella canzone che porta lo stesso nome del film.

Ultimo avviso, questa non è una recensione che cavalca la novità, bensì un tentativo di analisi dei principali temi del film, pertanto anticipa il finale. Io vi ho avvisato.

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Visto che nessuno va al cinema per 10 minuti di film, e che il franchise porta il nome di 007, nessuno crede veramente che Bond sia morto. L'espediente, gia usato in Si vive solo due volte, non è nuovo. A fare la differenza è che stavolta è Bond che preferisce darsi alla macchia, leggendo da un'isola tropicale i necrologi a lui dedicati e dedicandosi alle donne e all'alcool.
Per le considerazioni fatte prima è indubbio che Bond tornerà in qualche modo in azione.
La missione che ha visto Bond “morire” è stata un totale fallimento. Due agenti morti e un hard disk con tutte le identità segrete degli agenti infiltrati dalla Nato nelle principali organizzazioni terroristiche trafugato. L'hd è criptato ma sembra che l'avversario, ancora senza nome e senza volto, sia dotato di enormi risorse ed eccezionali abilità. Incredibile ma vero è la sede dell'MI6 a essere attaccata mediante intrusione informatica. L'ufficio di M viene fatto saltare in aria e le chiavi di decrittazione rubate. È tempo che Bond torni in azione. Ci vuole il vecchio cacciatore e la sua magia.

M non fa quasi una piega nel vedere l'agente redivivo. E poi ha tanti casini da gestire. La sua leadership e la sua utilitaà sono contestate dal governo britannico, che gli ha affiancato il solerte funzionario Gareth Mallory (Ralph Fiennes), allo scopo di accompagnarla in modo onorevole alla pensione. In più una commissione governativa la sta per mettere sotto processo. La durissima M non vuole cedere perchè “non si lascia a metà una missione”, e l'aiuto di Bond potrebbe essere provvidenziale, pertanto la donna scrive letteralmente carte false pur di fare tornare 007 in attività.
È quindi un Bond pesto, ferito e parecchio confuso che torna in azione. Del tutto privo delle sue certezze, salvo di quella che c'è un nemico da affrontare, per M, al quale è legato da un affetto quasi filiale, per la Regina e la Gran Bretagna.
Un momento significativo è l'incontro con il nuovo Q. Se il Q di Desmond Llewelyn era un geek ante litteram, quello intepretato da Ben Whishaw appare a tutti gli effetti come un nativo digitale.

Ben Whishaw è Q

Ma la cosa strana è che, complice la crisi economica, la dotazione di Bond concede pochissimo alla gadgetistica fantascientifca. Solo una radio trasmittente e una Walter PPK, che però è dotata di sensori che la rendono utilizzabile solo dalle mani di Bond.
Una radio e una pistola. Sarà pure che di necessità si fa virtù, ma la scelta è narrativamente significativa. Bond conta solo sui muscoli, la mira e la capacità di infiltrarsi.
Le tracce dell'hard disk portano a Singapore e in una sequenza di enorme bellezza visiva Bond trova l'agente che lo aveva rubato. Non riesce però a catturarlo, perché il nemico gli sfugge letteralmente tra le dita, precipitando verso la morte.
L'indizio che però si lascia dietro, il gettone di un casinò di Macao, consente alla storia di progredire. L'approdo di Bond al casinò ricorda le pacchianissime entrate di Roger Moore, e il luogo è molto in tema, kitch fino all'inverosimile, con tanto di fossato con varani di komodo. E dove c'è un casinò, oltre a esserci soldi e champagne, ci sono anche le belle donne, una in particolare, Sévérine, con la quale Bond ha incrociato lo sguardo la sera prima.

Sévérine e Bond

È il contatto sperato, e a Bond non resta che l'ingrato compito di infiltrarsi tra le sue lenzuola, sperando di redimerla e di convincerla a tradire il suo capo, per il Re, la Regina, il Tea Time e tutto il Regno Unito. Se la fatica del lavoro di agente Doppio Zero fosse solo quella di frequentare donne come Bérénice Marlohe il concorso lo affronterei anche io.
Tutto facile, fin troppo. Veleggiando sul caicco di Sévérine Bond giunge finalmente al cospetto del suo nemico.
Vi ricordate le mega basi del cattivo, con vasca con squali, ampie vetrate da cui declamare soavi versi come “il mondo è mio?” Anche qui fate un bel reset.
Bond viene condotto in un'isola polverosa e in rovina e tutto il centro operativo, il fulcro dell'organizzazione, sembra essere in una stanza con un paio di server. Non serve più avere un esercito per fare una piccola SPECTRE. Silva ha le giuste informazioni e tiene i servizi segreti di tutto il mondo per le palle. 'nuff said.

Ed è proprio in questa stanza, davanti a un Bond legato, che Silva, il killer biondo platino intepretato da Javier Bardem fa la sua “pazza” e istrionica entrata in scena, con una storiella tragicomica su come sbarazzarsi dei topi che vuole essere una metafora del prossimo duello tra i due.

Javier Bardem è Raoul Silva

I cattivi dei film di Bond parlano troppo. Altrimenti sarebbe la fine del franchise. Nel mondo reale ti sparano alla nuca e tanti saluti. Ma che volete, Raoul Silva non ha degli sgherri che possano comprendere il suo piano diabolico, mentre Bond può capire eccome. In più Silva nutre la segreta speranza che Bond, sentendosi tradito da M, che ha ordinato di fare fuoco nonostante il pericolo che potesse essere colpito, possa passare dalla sua parte.
Uniamo Silva alla lunga fila di convinti. Non avete capito niente Cattivi dei Film di James Bond. Voi potete parlare, ammiccare, provarci (come fa Silva, con Bond che risponde sornione all'approccio con una frase che ha scioccato i puristi). La verità è che mentre voi vi compiacete al suono della vostra voce, Bond sta già preparando la riscossa, organizzando la fuga.
In questo caso l'arrivo della cavalleria, attirata dalla radio trasmittente. Prima però Silva ha avuto il tempo di uccidere la traditrice, sprecando un ottimo bicchiere di whisky, con il rammarico di Bond. Per il whisky ovviamente.

Scusate un attimo, ma siamo a metà film o quasi e il cattivo è già sconfitto, catturato e portato nella base di emergenza del Servizio Segreto?
Tutta la sala vorrebbe urlare a Bond, M, Tanner che no, non l'avete capito che è tutto un maledetto piano? La tragedia incombe, e tutti gli indizi sono serviti a creare un senso di attesa per il come questa si attuerà.
Mentre M, Eve e Mallory sono all'udienza della commissione governativa contro M, Silva attua il suo piano, fuggendo tra le gallerie della metropolitana londinese, a caccia della sua odiata nemica.
Ormai il piano è chiaro. Se non l'ha uccisa prima è perché la vuole umiliare, perché deve regolare il suo conto, avere la sua vendetta per essere stato, anni prima, abbandonato al suo destino e liquidato dal servizio.
Dopo aver salvato per il rotto della cuffia M, Bond non ne può più. Silva ha giocato con tutti loro senza ritegno, e se lo fanno ancora giocare alla fine vincerà.
Silva non è il solito killer scagnozzo, è braccio e mente allo stesso tempo. È come Blofeld, ma sa sparare. Se Bond si sente in vantaggio entrando in una stanza con 30 killer, davanti a Silva rischia grosso.
Serve uno scatto di orgoglio. Se la sede dell'MI6 non è sicura, se persino le auto del servizio sono rintracciabili, che fare? Un ritorno alle origini.
C'è una vecchia Aston Martin DB5 che aspetta Bond ed M. Sì è proprio quella che in Goldfinger attraversava le Alpi, alla caccia del criminale contrabbandiere d'oro. Quella che in Thunderball scoprivamo dotata di idranti, che per fortuna, essendo fuori servizio, non è tracciabile. Ed è meglio che M non faccia l'antipatica, perché il pulsante rosso del sedile eiettabile funziona ancora...


Bond e l'Aston Martin DB5

E poi, visto che Silva vuole giocare, perché non dare a Q la sua occasione di riscossa, facendogli creare una pista che porti il killer biondo platino proprio dove vuole Bond?
E Bond vuole portare lo scontro su un terreno noto, Skyfall, che è poi la vecchia residenza della
famiglia Bond, dove James ha vissuto la sua infanzia prima della morte dei genitori.
Lì troverà un alleato insperato, il vecchio guardiano Kincade (Albert Finney). E dove informatica ed elettronica hanno fallito, riusciranno la conoscenza del terreno, un po' di trappole rudimentali ed alcuni sacrifici.
È una sequenza bellissima, come costruzione, montaggio e fotografia. Tra le nebbie delle highlands scozzesi assisteremo a una scene emblematica e simbolica.
Simbolici non possono che essere il sacrificio dell'Aston Martin prima e della casa dopo, sulla quale Bond riesce a fare abbattere l'elicottero. Bond deve sacrificare tutto, ma proprio tutto contro un nemico che gli è superiore. No, non perché oltre a Silva, sono venuti circa in 10 alla fine, e con un elicottero. Sono pochini non c'è che dire. Predestinati al fallimento. Solo Silva fa la differenza.
Ma in fondo il finale sarà quello atteso, Silva morirà, ma la vera sorpresa è che la vittoria avrà un prezzo alto. M ferita a morte spirerà tra le braccia di Bond.

Judi Dench è la cinica M

È l'ultimo passaggio chiave del film. La definitiva catarsi, che costituisce un nuovo inizio per la saga. Se la presenza della stessa attrice nel ruolo di M nei due cicli, quello Brosnan e il nuovo di Craig, sembrava un elemento di continuità, ora abbiamo capito che il suo tempo è passato. D'altra parte non è la stessa M che rimproverò a Brosnan di essere un “un dinosauro sessista e misogino, residuo della guerra fredda". Al contrario, rimpiange ella stessa la guerra fredda, e il mondo di "non regole" ciniche e spietate in cui viveva, di doppi e tripli giochi, di sacrifici estremi. M, questa M, ha fatto il suo tempo, ma se il suo operato ha generato mostri come Silva, ha anche contribuito a creare Bond, un uomo che soffrendo è stato capace di cambiare e che potrà affrontare nuove sfide.
Non sarà solo, abbiamo visto il nuovo Q, e sappiate che il cognome di M cominciava proprio con la lettera M, pertanto non potrà che essere Mallory il nuovo M.
Si preannunciano dinamiche molto simili a quelle che si vedevano nei bond con Connery, dove M era interpretato dal compianto Bernard Lee, fatte di cene al club, sigari, e tutti gli elementi tipici delle virili amicizie. E forse, parole di Mallory, arriveranno tempi in cui gli agenti usciranno dall'ombra, in cui i rapporti sono più chiari. Forse.
A questo punto il bondiano doc comprende tutto. Nello stesso momento in cui scopriamo che Eve ha deciso di ritirarsi dal servizio attivo e di fare la segretaria di M, comprendiamo quello che pochi secondi dopo rivelerà a Bond: il suo vero cognome, ossia Moneypenny. Ed è un bel ritorno. Ci voleva.

Tutto è cambiato per tornare com'era. Persino la fotografia della scena finale, l'arredamento dell'ufficio di M, lasciano capire il ritorno a uno stile perduto.
Dopo aver visto Bond sanguinare e sporcarsi torneremo ai tempi dello smoking sotto la muta da sub? Non lo sappiamo. Certo è che sono molti i momenti in cui si vede che Bond tiene al suo aplomb, quando durante l'azione si sistema cravatta o polsini. Da buzzurro il Bond di Daniel Craig potrebbe tornare ad avere quella eleganza che in molti rimpiangono. Ammettiamolo, se modernità significa perdere il valore dell'eleganza e dell'educazione, meglio rimanere un po' all'antica.

Il cast di Skyfall

Se il film ha dei difetti lo è forse nella lunghezza. Ritengo che in alcuni momenti avrebbe potuto essere sforbiciato senza perdere di efficacia in più punti, forse troppo dialogati e ridondanti.
Sam Mendes è riuscito nell'impresa fallita da Lee Tamahori, ossia di dare la propria impronta a un film di franchise, valorizzandone gli aspetti canonici con personalità.
Neal Purvis, Robert Wade e John Logan hanno scritto una sceneggiatura da manuale. L'inizio in medias res è perfetto. Quando i riflettori si accendono non abbiamo l'impressione che i personaggi siano nati in quel momento, ma che provengano sia da un remoto che da un recente passato.
Le musiche di Thomas Newman citano quando e come serve il tema di Monty Norman, una eredità dalla quale solo pochi musicisti hanno avuto il permesso di affrancarsi. A differenza del suo predecessore David Arnold, che era più aderente, ai limiti del plagio, a John Barry, Newman è dotato di una propria personalità. Bella ed elegante la canzone cantata da Adele, scritta dalla stessa cantante insieme a Paul Epworth.
Il comparto attoriale è stato più che all'altezza. Craig, molto criticato all'epoca, è ormai imprescindibile da Bond, con le sue buone capacità recitative è stato capace di renderlo credibile vincendo ogni pregiudizio. Rimpiangeremo Judi Dench, un'attrice che andrei a vedere anche se declamasse l'elenco telefonico tanto è brava, al di sopra di ogni classificazione.
Professionale il gruppo di attori che da vita a Mallory, Q, Eve e al sottovalutato Bill Tanner (Rory Kinnear), personaggio che amo moltissimo. Bravo Albert Finney nel ruolo di Kincade.
Quanto all'avversario, Javier Bardem ha assolto al suo ruolo come sa, gigioneggiando parecchio. È uno stile di recitazione che non amo molto, ma forse si adatta a un personaggio molto sopra le righe, uno dei migliori della serie, il quarto nella mia classifica personale, dietro Emilio Largo, Auric Goldfinger e Ernst Stavro Blofeld. L'atteggiamento generale mi ha ricordato, mutatis mutandis, i killer Mr. Wynt e Mr. Kidd di Una Cascata di diamanti.

In conclusione posso, dopo averne analizzato i punti fondamentali, affermare che Skyfall sia un momento importante per la serie, un film che costruisce le fondamenta per nuove vie nel rispetto di una consolidata tradizione.
Bentornato Bond, James Bond. Ci vediamo tra due anni.