Primo giorno di vacanza social.
È un momento un po' ingolfato. Poiché Facebook non ha nulla che assomigli a un "fuori sede" ho sospeso l'account fino a nuovo ordine.
Arrivederci a data da destinarsi.
Primo giorno di vacanza social.
È un momento un po' ingolfato. Poiché Facebook non ha nulla che assomigli a un "fuori sede" ho sospeso l'account fino a nuovo ordine.
Arrivederci a data da destinarsi.
Che c'entra la democrazia con Facebook?
Fermo restando che l'esito del referendum nel Regno Unito non mi è piaciuto, per ragioni che non so, più legate al cuore e all'emotività che a fini analisi economiche che non sono in grado di fare, posso anche dire che lo accetto, come accetto tutte le cose della vita che accadono senza che possa farci nulla.
Mi rode un po' vedere menti che si sentono finemente democratiche ribaltare la logica che ha portato al suffragio universale e affermare che esisterebbe chi non si merita di andare a votare.
Leggere articoli in cui alcuni votanti si rammaricano, perché non hanno capito le conseguenze del loro voto, deve fare ribaltare questo concetto ormai acquisito che i cittadini di uno stato sono tutti uguali almeno alle urne?
Non dovrebbe e personalmente mi rifiuto di farlo. Come mi rifiuto l'idea che se il risultato di una consultazione non ci piace, l'idea vincente sia quella di tornare alle urne finché non esce quello che ci sembra il migliore risultato.
Le carte non si rimescolano a comando, ma si gioca con quelle che si ha in mano.
Un voto espresso in cabina elettorale non è un veloce like a uno stato o un commento in una discussione su Facebook, né un "parteciperò" a un evento al quale sappiamo che non andremo.
Se qualcuno ha votato con questo spirito non lo so e non lo posso presumere. Sono affari suoi, anche se le conseguenze delle sue azioni diventano affari di tutti.
Ma come non posso chiedere che in una partita a carte a un turno il tris batta la coppia e al successivo, se mi fa comodo, avvenga il contrario, non posso chiedere di stabilire di volta in volta chi sia meritevole di votare e chi no.
Non posso scegliere quali elezioni o quali referendum siano validi sulla base del risultato a me più congeniale, come non posso chiedere che si rimetta la palla in gioco a partita finita.
Mi sembra, a lume di naso, che ci sia molta più serietà nell'accettazione dell'esito di una partita che di quello di una tornata elettorale o referendaria.
Il voto non è un like o un parteciperò che si possono togliere in qualsiasi momento, fino a che non spegneranno i server di Facebook.
Se abbiamo stabilito dei criteri di accesso al voto, non li possiamo cambiare a nostra convenienza, perché perderebbero di significato.
Preferisco sempre chiedermi il perché le cose sono successe, e gestire il cambiamento che gli eventi hanno portato, che recriminare o sperare a vanvera che non sia mai successo niente.
Questa è la vita, a mia modesta opinione.
I social network sembrano ormai l'applicazione del detto: "Vuoi stare bene? Lamentati"
La considerazione dalla quale ognuno di noi parte è che (naturalmente) gli altri sono più stupidi, o fanno cose più stupide se proprio non sono stupidi. Perché gli "altri" non siamo mai noi.
Gli altri postano foto stupide, selfie stupide, condividono articoli stupidi, invitano gli amici (stupidi) a eventi stupidi. Gli altri, sempre gli altri.
Quando qualcuno si lamenta di qualcosa che qualcun'altro fa su FB, ognuno di noi legge lo status cercando di capire se parla di quello che fa. Se si lamenta di chi parla di calcio, e del calcio non ce ne può fregare di meno, siamo sollevati. Ma se invece parla proprio di qualcosa che abbiamo fatto o facciamo anche io, ecco che scatta il distinguo: "non sta parlando di me, parla degli altri, perché i miei post sono differenti". E ce la ridiamo. Stupidi. Differenti? Ma stiamo scherzando?
Il punto è che si parte da questo presupposto non si va da nessuna parte.
Nessuno ha la patente per il migliore uso dei social network, mi dispiace dirlo. Perché se ribaltiamo le cose, per ognuna delle cose che si possono fare in un social network, ci sarà sempre qualcuno che la considererà stupida, che la criticherà, che stigmatizzerà chi lo fa.
Eccheppalle. Se vi danno fastidio le cose che vedete sui social network l'alternativa è non starci. Siamo in un mondo libero.
Se alcune delle cose che vediamo sui Social Network non ci piacciono, non le vediamo. Punto.
Esempio concreto (stupido). Io non ho gatti, non so se avrò mai e forse, dentro di me, mi chiedo perché vengano postate foto di gatti. Ma non avendone non posso capire, non posso veramente sapere perché si postino foto di gatti.
Forse dovrei condannare i "gattari?". Ma che mi frega. Se voglio le guardo le foto di gatti, se non voglio guardo le tope, o la pagina di Figures In Action, o quello che mi pare a me. Tanto qualsiasi cosa io veda o faccia ci sarà un "non estimatore". Uno che penserà che il mio postare sia rumore, mentre il suo sia intelligenza in movimento.
Mi dispiace, ma io penso che FB sia come ogni cosa che facciamo ogni giorno. C'è la possibilità concreta di dire o fare cazzate (come questo post per esempio) come cose con un barlume d'intelligenza, che se sapessi quali sono ve lo direi.
Quindi cari lamentosi del social network, vivi e lascia vivere, condividi e lascia condividere, se non vi sta bene, un profondo chissene mi sorgerà spontaneo.
PS.
Ma di quello che succede su altri Social Network ne vogliamo parlare? Gente che ti aggiunge a tua insaputa, che scruta la tua biblioteca aperta come il colosseo, che conferma le tue competenze anche se non ha mai lavorato con te. Che bella gazzarra. FB ha molti controlli paranoici, se usati bene siamo blindati, credetemi. Pena ovviamente il rimanere belli che isolati. Ma allora che ci state a fare su un social network?
PS2. L'immagine che correda l'articolo l'ho fregata qui.
Powered by WordPress & Tema di Anders Norén