La settimana comincia con un po di stanchezza arretrata. Poca volontà di fare, di dire. Ho sonno. Scrivo sul blog come tentativo di rianimare il cervello. Ho un paio di idee per dei racconti, ma non vogliono posarsi da qualche parte. Cè un romanzo, o un racconto lungo, che insiste per uscire fuori e prendersi il suo spazio. La novità è che un racconto, intanto, pare che lo pubblicherò veramente. Dove e come vorrei dirlo più avanti. Penso che i pochi lettori di questo blog potranno resistere. Sto leggendo un bel libro. "American Gods" di Neil Gaiman. Più leggo le storie di altri, più sento le storie che premono per uscire. Le mie storie. Non che possa, o voglia, smettere di leggere. Cazzo, ci sono storie bellissime, scritte così bene che non si possono non leggere. Ho letto i primi due libri con protagonista Thursday Next, "Il caso Jane Eyre", e "Persi in un buon libro". Mi sono piaciuti tantissimo. Il secondo forse meglio del primo. Ma quello che per ora veramente mi rode, è che non sembro dirne una corrette. Ieri volevo spiegare a una persona, che odio il libri non autoconsistenti. Non sono riuscito a spiegarmi. "Persi in un buon libro", non solo non è autoconclusivo, ma non è autoconsistente. Cioè non solo la sua storia non finisce, ma non è comprensibile da solo, a differenza del primo. Ma ieri mi sono un po annichilito. La persona di fronte a me mi ha corretto la parola "autoconsistente", dicendomi "si dice autoconclusivo". Mi sono emozionato, e non sono più riuscito a spiegarmi. Vorrei dire, esprimermi, fare sapere quello che ho in testa. Ma mi sento schiacciato. Tutti sembrano così sicuri di sè. Mi sento un nano in un campo di basket a volte. Io sono solo uno che vorrebbe raccontare delle storie. Sarò troppo ansioso? Mi prendo troppo sul serio? Può essere.