Durante la mia ultima lettura, mi sono trovato in una situazione incresciosa per un lettore di lungo corso: dopo un inizio fulminante, mi sono perso in un romanzo senza più raccapezzarmi.
Pagine e pagine lette e subito dimenticate. Situazioni e personaggi che mi scorrevano davanti senza essere coinvolto dal mondo narrativo concepito dall’autore.
Fermo restando che ci sono problemi più gravi, si tratta di un fallimento del motivo principale per cui si legge, ossia trarne un godimento, un piacere.
Avevo approcciato il romanzo con le migliori intenzioni, spinto da giudizi positivi di persone che stimo. Pur tuttavia non ci sono mai entrato dentro. Al punto che non ho neanche compreso quale sia stato il sorprendente finale che mi era stato annunciato.
Qualcosa non ha funzionato. Non è scattato quel tacito patto tra lettore e scrittore che favorisce l’immersione. Non ho sentito la voce dei personaggi, dei quali non ho mai avuto alcuna immagine mentale. Non ricordo né i nomi, né le situazioni che li hanno coinvolti, se non per brevi sprazzi.
Non a tutti può piacere tutto, questo lo so da me. Ma raramente mi è capitato un insuccesso così clamoroso come lettore.
Quando capita è molto facile prendersela con l’autore, con una sua presunta incapacità di coinvolgerti. In realtà, a esaminare come il romanzo è scritto, prendendo in considerazione singoli brani, non riesco a condannare il romanzo. Si tratta di un libro che possiede elementi che sulla carta avrebbero dovuto appassionarmi.
Di contro, non ritengo di avere “colpe”, perché il tentativo di restare concentrato sul romanzo l’ho fatto, nonostante ogni singola parola rifiutasse di restare nella memoria a medio e lungo termine.
Ho terminato la lettura nonostante l’evidente disagio, nonostante il mio sacrosanto diritto di mollare un libro che, per motivi da indagare, non ha soddisfatto le mie aspettative.
C'è una lezione da trarre sulla lettura?
L’errore da non compiere in questi casi è ritenere che se non abbiamo gradito un testo questo sia in termini assoluti un testo da evitare. La lettura è un percorso soggettivo.
Troppo spesso sento fare del proprio gusto un parametro assoluto. “Non piace a me pertanto è brutto”, oppure “ma come fa una cosa così brutta a piacere a tante persone?”. Credo che in molte occasioni ci sia la volontà di essere come il bambino della favola “I vestiti nuovi dell'Imperatore”, ossia l’unico ad accorgersi della nudità del re. Credo sia un errore, perché il patto tra lettore e scrittore se è forte può e deve fare credere al lettore che il re sia vestito anche se non lo è, oppure il contrario.
È un patto sacro e inviolabile.