Faccio l'avvocato del diavolo: la mossa di Luigi Di Maio, candidato a essere indicato come Presidente del Consiglio in un eventuale governo del  Movimento 5 Stelle (di qui in poi M5S), di presentare in anticipo una lista di ministri è coerente con la loro politica e, a livello d'immagine, più vincente che perdente.

In primo luogo perché se vuoi scardinare un sistema tenti innanzitutto di infrangerne le regole, anche quelle non scritte.

D'altra parte gli stanno rimproverando quello che da quando esiste la cosiddetta "II Repubblica" nessuno ha mai fatto. Ossia tentare di presentare al paese una squadra di governo certa, non basata su trattative successive tra segreterie, nelle quali sono i rapporti di forza tra "correnti" e gruppi parlamentari a dettare legge.

Un messaggio chiaro, una volta tanto, dal M5S: "se vinciamo noi sono questi i nostri ministri e ministre". Un messaggio per il quale forse bastava una conferenza stampa probabilmente, più che un gesto irrituale mai compiuto finora. Ma ripeto, questi rituali (formali e sostanziali previsti nella nostra Costituzione tra l'altro) sono proprio il nemico da distruggere dell'anti-politica.

Insomma le critiche sui programmi sono un conto, quelle su azioni di contorno sono altre.  Come non credo che le critiche a Renzi dovessero essere fatte sulla base di una presunta illegittimità costituzionale del suo governo (che era altresì  più che regolare), non credo che sia sulla base di queste le azioni che sia da criticare il M5S, bensì su cosa vorrebbero fare di questo paese nel loro governo, e su cosa significa il loro accanimento contro "le regole del sistema".

La critica in questo caso critica rischia di ritorcersi contro chi la muove, perché a questo punto distoglie l'attenzione dai contenuti e lo fa solo apparire come nemico della chiarezza e della trasparenza verso gli elettori.

Ma la domanda vera è: in questa campagna elettorale, i contenuti reali dove sono?