Esiste una "sindrome da blog bianco?"
Se sì ne sono affetto.
Da parecchio tempo trovo veramente difficile sedermi al pc a scrivere qualcosa. Cose sensate penso averne sempre scritte poche. Oggi proprio non credo di avere molto da scrivere. Tranne che ieri ho comprato, finalmente, una copia dei libri di Piazzese dei quali ho scritto sul Leggio.
A suo tempo mi erano stati prestati da una cara amica. Ora entro in possesso di una copia tutta mia. Di solito non compro mai libri che ho già letto. Anche se apprezzabili. Stavolta ho sentito irrefrenabile limpulso di averne una copia tutta mia. Da rileggere, da segnare. Da usare e abusare.
Se non mi aveste letti sul leggio, ecco che riciclo la mia recensione.
Santo Piazzese
L'invito che stavolta vi sottopongo è nei riguardi di uno scrittore della mia città. Santo Piazzese è uno scrittore palermitano. Di professione fa il biologo. Lui in realtà ama definirsi "un biologo prestato alla scrittura". Ha scritto tre interessanti romanzi, tutti editi da Sellerio. I primi due sono dei gialli, "
I delitti di via Medina-Sidonia" del 1996 e "La doppia vita di M. Laurent" del 1998. Sono entrambi dei gialli leggeri, che virano quasi verso la commedia. Il protagonista apparente è Lorenzo La Marca, un biologo che si trova suo malgrado investigatore dilettante. Un clichet tutto sommato non originale nel panorame letterario. Ma la novità di questi romanzi è sicuramente nella vera protagonista delle vicende. Ho detto che La Marca è l'apparente protagonista. Ho detto apparente perché in realtà, a mio personale giudizio, la vera protagonista dei romanzi è la città di Palermo. La Palermo dei quattro canti, dei ristoranti sul mare, dello scirocco opprimente. La Palermo di uno stile di vita quieto e mai frenetico. La Palermo dei palermitani e non delle cartoline turistiche. I romanzi sono scritti rigorosamente in italiano. Dimenticatevi i sicilianismi di Camilleri. Siamo sul versante palermitano del giallo. Più asciutto e meno barocco del girgentino. I romanzi scorrono che è un piacere. La costruzione dell'intreccio è solida e ragionata. Il linguaggio è agile. Le citazioni jazzistiche, cinematografiche sono colte e misurate. Un vero e proprio sollazzo. Fidatevi.
Il terzo romanzo di Piazzese, "Il soffio della valanga", del 2002 cambia completamente registro. Il giallo diventa noir. Il protagonista non è un simpatico viveur come La Marca, ma il granitico commissario Spotorno. Amico fidato di Lorenzo. Tanto lievi e leggeri, ma mai superficiali, erano i primi due romanzi, tanto grave e pesante si fa l'atmosfera del terzo. Intendiamoci, il piacere della lettura c'è tutto. Anzi, tra i tre quest'ultimo è sicuramente il migliore, a mio giudizio. Un solido noir, con personaggi scolpiti nel marmo. La mafia, quella vera, fa da sfondo alla vicenda del romanzo, ma che comunque non è un romanzo di mafia. E un romanzo di persone che vivono vicende umane tragiche in una terra maledetta, amata e odiata in eguale misura. Vi assicuro che, abituato alla leggerezza dei primi due, il terzo all'inizio mi aveva disorientato. Sembrava scritto da un'altra persona! A leggere meglio ci sono comunque gli elementi tipici dell'opera di Piazzese. Primo fra tutti l'amore per Palermo, che anche qui è splendida protagonista. Forse un po meno luminosa, più polverosa e sporca. Ma pur sempre protagonista.
Vi lascio con l0incipit, uno dei più evocativi ed efficaci che abbia mai letto:
"Non c'è niente di meglio dell'olio d'oliva, quando pesti il catrame a piedi nudi. Strofini la macchia con un pezzo di mattola imbevuta dolio, e la vedi disfarsi fino a scomparire. Suo padre lo avrebbe guardato storto se gli avesse sentito dire mattola. O parli in italiano o parli in dialetto, gli avrebbe intimato. Così era arrivato il compromesso, e nel breve percorso dal cervello alla lingua la mattola usciva nella forma di un batuffolo di cotone idrofilo. Gli sarebbe rimasto per sempre una specie di pudore a usare il dialetto puro; si sarebbe sentito nudo, senza difese. Ma quel pensiero sarebbe arrivato dopo, molto dopo."