La trascrizione del monologo di Massimo Vincenzi, interpretato sul palco da Massimo De Feo.
Alan Turing e la mela avvelenata di Massimo Vincenzi è la trasposizione scritta dell'omonimo monologo teatrale, del quale abbiamo comunicato la messa in scena in due occasioni, a Roma e Milano.
Ho visto lo spettacolo a Milano, e posso definirlo intenso e appassionato. Una quarantina di minuti in grado di suscitare emozioni, di rappresentare i tormenti dell'uomo e l'ansia dello scienziato di farsi comprendere dai suoi coevi. L'attore Massimo De Feo non perde una battuta e cesella il ritmo di un immaginario dialogo tra lo scienziato e la madre, che diventa anche un dialogo e una sfida a una società che non tollera il diverso, non solo per le preferenze sessuali, ma anche per l'incapacità di condividere la stessa visione illuminata sulla matematica, chiave di lettura per la comprensione dell'universo.
Quale dei due drammi abbia più ha segnato Turing lo può decidere lo spettatore, o il lettore che si accosti a questo volume.
Un brano. In quei giorni ho capito qual era la mia strada. Né giusta né sbagliata. Amavo i numeri. Studiavo matematica. Amavo gli uomini. Cercavo gli uomini. Non riesco a trovare altre parole. I numeri e l'amore.
Semplice come respirare.
L'autore. Massimo Vincenzi (Mantova 1971), giornalista del quotidiano La Repubblica, collabora stabilmente con il teatro Belli di Antonio Salinas. È autore di numerosi spettacoli teatrali (tra gli altri, Il sogno di Ipazia, Bird è vivo, La regina senza corona: Gertrude Bell e La battaglia di Baghdad), tutti per la regia di Carlo Emilio Lerici, che hanno riscosso grande successo di pubblico e critica. Ha curato l'adattamento teatrale di La versione di Barney. Per Editori Internazionali Riuniti ha pubblicato Gli occhi al cielo (2011).
La quarta di copertina. Nel centenario della nascita di Alan Turing, brillante matematico, logico inglese e pioniere dell’intelligenza artificiale (il suo nome è legato alla macchina di Turing e al celebre decrittatore Colossus, il cui apporto fu fondamentale per decifrare il Codice Enigma usato dai tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale), la pièce di Massimo Vincenzi restituisce il dramma personale e umano di Turing che, dopo essere stato condannato alla castrazione chimica per la sua omosessualità, stravolto nel corpo e nello spirito, si tolse la vita mangiando una mela intinta nel cianuro. Dallo scarto fra le parole di Turing – ritrovate scavando negli scritti originari e nelle memorie dei contemporanei – e la voce fuori campo del giudice del processo che lo accusò, emerge tutto il dramma di un’esistenza individuale che diventa paradigmatico di un’epoca: l’Inghilterra degli anni ’50 in cui l’altra faccia dell’impero mondiale è costruita sulla violenza e l’intolleranza di ogni diversità.
Massimo Vincenzi, Alan Turing e la mela avvelenata
Editori Riuniti - Pag. 64 - 4,90 €