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NeXT-Con 2011 a Firenze, il 14 dicembre

Tornano le convention connettiviste: dalle 18.00 del 14 dicembre 2011, a Firenze, presso il Joshua Tree Pub di via della Scala, 37/r, si svolgerà un happening che vedrà presenti molti esponenti del Movimento. Dibattiti, presentazioni, reading, empatia multimediale per avvicinare la città culla della Cultura italiana al nostro collettivo del Futuro. Saranno presenti anche le realtà editoriali Kipple Officina Libraria, Edizioni Diversa Sintonia, la webzine NeXT-Station.org e HyperHouse.

Bryan Talbot e il cuore di tenebra del Multiverso

Universi paralleli, storia alternativa e intrighi politici sono gli esplosivi ingredienti dell'universo creato dall'artista britannico Bryan Talbot, dalle prime complesse avventure dell'Homo Novus Luther Arkwright al conclusivo Heart of Empire.

Le avventure di Luther Arkwright

In principio erano Le avventure di Luther Arkwright, bellissima storia a fumetti di Bryan Talbot, densa di concetti fantascientifici, così dirompente nella scrittura e nei disegni da meritarsi la reputazione di capolavoro “spartiacque” nella letteratura disegnata. I primi episodi di questa miniserie furono pubblicati nel 1978 sulla rivista di fumetti underground Near Myths e poi sulla rivista pssst! fino al 1982. Talbot poi riprese la storia nel 1987-89 in una serie di 10 albi pubblicati dalla Valkyrie Press. I primi 9 conclusero le vicende del personaggio. Una decima uscita fu dedicata da Talbot a una serie di articoli che ripercorrevano la genesi della storia, il suo percorso creativo ed editoriale nonché importanti informazioni sul background dell’universo narrativo. Successivamente l'intera vicenda venne pubblicata negli Stati Uniti dalla Dark Horse Comics. In Italia il fumetto arrivò in una miniserie di 4 albi, pubblicati dalla Telemaco Comics nel 1993. L’anno scorso la Comma 22 ha ristampato questi albi in volume.
La vicenda si svolgeva sul piano di più universi paralleli e portava in scena la resistenza dei ribelli monarchici al dittatore di un’Inghilterra ucronica, discendente di Cromwell. Il ventesimo secolo britannico di Talbot non conosce il potere della monarchia, decaduto dalla rivoluzione del 1650, in cui gli stessi ideali repubblicani sono ormai degenerati in una feroce dittatura, non dissimile dai totalitarismi del nostro XX secolo. La storia è un’allegoria di tutte quelle finte democrazie che, sotto la parvenza di repubbliche, nascondono regimi dispotici, e unisce due tradizioni fantascientifiche britanniche, le catastrofi ecologiche di John Christopher (Morte dell’erba) e J.G. Ballard con quella distopica, a cui il fumetto dava in quegli anni un contributo fondamentale con Alan Moore e V for Vendetta. Il timore che sostiene Arkwright, nazionalista a suo modo, è che i governanti, una volta preso il potere nel nome del bene comune, nello stesso nome compiano misfatti inenarrabili, autorizzando deportazioni, guerre o genocidi. Paradossale se si pensa che la Gran Bretagna non ha conosciuto il giogo dei totalitarismi del XX Secolo. Ma è una paura ancora forte, se si pensa anche alla fantascienza televisiva, e in particolare alla recente miniserie Torchwood: Children of Earth, dove i rappresentanti di un governo eletto dal popolo decidono con cinismo quali siano i ceti della popolazione “degni” di sopravvivere. Nessun rimpianto comunque per le monarchie. La restaurazione sul trono della dinastia Stuart non porterà una nuova età dell’oro. In questa ucronia gli Stati Uniti rimangono poco più che una colonia inglese. Le guerre coloniali di questo Impero, sopravvissuto fino al nostro secolo non vengono però mascherate come “scontri di civiltà”. Si tratta di pura lotta per il potere fine a se stesso.
All’interno di questo conflitto irrompeva un umano che aveva bruscamente accelerato verso un successivo livello di evoluzione, Luther Arkwright, dotato di facoltà paranormali tra cui il potere di viaggiare attraverso gli universi. Alla fine della saga, come tutti i più valenti guerrieri, anche Luther, stanco e nauseato dal sangue versato, scompariva.
Il fumetto non aveva una trama lineare, e il segno di Talbot, ipernaturalistico e barocco, non lo rendeva di facile lettura. Accettata la sfida, al lettore paziente si apriva un orizzonte sui multiversi di notevole efficacia narrativa, con uno scenario di rara complessità che andava al di là della storia narrata. Che la restaurazione della Monarchia non mettesse la parola fine alle sue vicende, è stato così per lungo tempo l’auspicio di tutti gli appassionati di Arkwright.

Cuore dell'impero

Con Cuore dell’Impero Talbot, considerato da molti il padre del fumetto contemporaneo britannico di ispirazione fantastica e fantascientifica, si è deciso a riprendere nel 1999 i fili del discorso a una decina d’anni di distanza dalla fine delle pubblicazioni della prima miniserie, con ulteriori 9 albi mensili pubblicati dalla Dark Horse Comics. In Italia gli albi sono stati raccolti in 2 volumi sempre dalla Comma 22. La Monarchia non ha conosciuto sorte diversa dalla Repubblica che l’ha preceduta, degenerando in una dittatura che si è espansa nel mondo, schiacciandolo sotto il tallone del terrore. La regina Anna, che fu amante di Luther, è ormai una creatura parassita che sopravvive assorbendo energia vitale da occasionali compagni di letto. Ma Victoria, la figlia di Luther, sta iniziando a prendere coscienza della decadenza della casa reale, ormai un impero che ha imposto la Pax Britannica al mondo intero, maturando al contempo anche la consapevolezza della propria natura che supera l’umano, eredità dell’appartenenza di Luther all’Homo Novus. Ed è su di lei che si concentra stavolta l’obiettivo dell’autore.
Victoria infatti scopre gradualmente di possedere poteri ultra umani. Allo stesso tempo prende coscienza degli orrori perpetrati dal regime di cui fa parte suo malgrado. Il risveglio delle coscienza quindi è accompagnato dalla consapevolezza di poter usare i propri poteri per viaggiare tra gli universi e che suo padre, il leggendario Luther Arkwright, è ancora vivo.
Sullo sfondo si svolge l’ennesimo complotto per il potere, del quale fanno parte alcuni esponenti politici vicini alla monarchia, pronti a restaurare l'ennesimo regime “democratico”. Non ci sono innocenti però, o ribelli “buoni”. Alla radice di tutto c’è un orrore indescrivibile che si annida proprio nel “cuore dell’impero” del titolo, una creatura mostruosa il cui legame con i protagonisti è tutto da scoprire.
La pubblicazione originale è stata in albi di lunghezza variabile. La Dark Horse ha dato libertà a Talbot di dividere la storia secondo il flusso narrativo. In effetti la numerazione delle tavole non presenta soluzione di continuità. L’opera quindi si può a tutti gli effetti considerare un romanzo grafico e non una miniserie. Il fitto intreccio di intrighi, di riferimenti storici e di citazioni non sono avulsi da una cosmogonia fantascientifica, che è dettagliatamente spiegata nelle appendici testuali del secondo volume.
Se è già complicato immaginare e costruire solidamente un’ucronia ambientata in un solo universo, immaginatevi quanto possa essere complesso concepirne una che abbracci un intero Multiverso! Eppure Talbot immagina un mondo, situato nell’universo 00-00-00, nel quale l’improvvisa accelerazione tecnologica ha prodotto una razza di super umani, detta Homo Novus, che ha una visione più ampia di quanto siano enormi e ramificati gli universi paralleli, al punto di arrogarsi il ruolo del loro controllo. Luther Arkwright è uno di questi guardiani, esseri capaci di muoversi tra i paralleli con la sola forza del pensiero e delle capacità scientifiche acquisite dal parallelo 00-00-00, sotto la supervisione del progetto Valhalla e del supercomputer WOTAN.
Dopo due miniserie è chiaro che Talbot non stia parlando di divinità, ma di esseri umani, la cui tecnologia appare indistinguibile dalla magia solo per effetto dell'accelerazione, il cui punto “zero”, com'è spiegato nel secondo volume dell'edizione Comma 22, nell’articolo “Il Multiverso e Zero Zero”, è situato nel 1882, quando l'umanità del Parallelo 00-00-00 acquisisce la consapevolezza che “Non c'è un universo Infinito, ma un numero infinito di Universi: il Multiverso”. Diretta applicazione delle teorie del matematico Karl Marx. In questo universo la teoria della relatività era stata scoperta nel 1800 e nel 1832 Babbage aveva già realizzato il suo primo calcolatore elettronico. Ma è con Marx e con la sua dimostrazione formale dell'esistenza degli altri universi che nasce il Progetto Valhalla, allo scopo di monitorare gli universi alternativi, battezzati da Talbot semplicemente “Paralleli” e osservare le oscillazioni nelle tendenze storiche. In un mondo pacificato, senza più guerre, fame e malattia come il Parallelo 00-00-00 si comincia a guardare al destino degli altri universi, al fine di monitorare i loro progressi sulla via dell'armonia. Persino la parapsicologia è in questo universo niente di più che una scoperta tecnologica. E' l'applicazione dell'energia psionica che rende possibile il viaggio nei Paralleli. È addirittura possibile per gli uomini di 00-00-00 entrare in contatto empatico con i loro infiniti doppi negli infiniti universi.
L’intreccio complesso di Cuore dell’impero diventa a questo punto quasi lineare rispetto alle possibili varianti che ogni singolo evento può aver creato nei multiversi. Il Parallelo dove si svolge la narrazione principale è il numero 00-72-87, ma altri ne vedremo indicati durante la lettura. Se in Le avventure di Luther Arkwright ci perdevamo spesso e volentieri, la linearità del disegno in questo graphic novel rende più riposante la lettura. Non pensiate che sia meno definito e studiato, tutt’altro. Il tratto è da grandissimo artista, con tavole già molto esplicative nella loro elegante composizione grafica. Anche le parti più sessualmente esplicite, oppure violente e splatter, non sono mai gratuite. La storia quindi scorre fin troppo velocemente visto l’immenso piacere che regala. Non vorremmo finisse mai.Siamo davanti a un vero e proprio kolossal, di impressionante potenza visiva, come solo il fumetto può dare a questi prezzi. È difficile pensare che Hollywood possa impegnare i mezzi economici necessari a mettere in scena un disegno di questa portata con uno spessore narrativo equivalente. Magia della letteratura disegnata, che costa immensamente meno del cinema. È lo stesso Talbot nell'articolo, sempre contenuto nel secondo volume, “Dalla mente alla carta” a spiegare ai lettori la differenza d'approccio rispetto al cinema: “Se nel cinema siamo spettatori passivi, nel fumetto interagiamo con esso, arrivando a ‘leggere’ le immagini. È la nostra immaginazione che completa l’esperienza con suoni, atmosfere e toni di voce nel dialogo. Se è pur vero che leggiamo una vignetta alla volta, è altrettanto vero che inevitabilmente buttiamo l’occhio su tutta la tavola”. Talbot quindi dà molta importanza alla pianificazione della tavola. Se l'esperienza del cinema è già serializzata dalla proiezione, il solo fatto che il nostro sguardo vada sull'intera tavola costruisce una serialità soggettiva, diversa per ogni lettore. Nel fumetto però è possibile avere tante immagini adiacenti, primi piani, piani americani e campi lunghi, non solo nella stessa tavola, ma anche nella stessa vignetta. Sarà il lettore a comporre a suo modo il flusso d'informazioni, rendendo ogni esperienza di lettura unica.
Per la fortuna degli appassionati più insaziabili, il piacere della lettura del fumetto è prolungato dalla dettagliata sezione che chiude il secondo volume presentando sia scritti che ne analizzano in dettaglio il background, le fonti e l’intero processo produttivo, sia le copertine degli albi originali. Oltre ai già citati articoli troviamo una storia inedita di Neil Gaiman e Dave McKean, diretto omaggio a Luther Arkwright. Inoltre è presente una sezione, denominata ARKEOLOGIA che offre una dettagliata serie di note esplicative sui personaggi e le ambientazioni.

Bryan Talbot

Completa la confezione anche vario materiale metatestuale, come manifesti e scritti che sembrano provenire direttamente dall'universo narrativo della vicenda, nonché le copertine dei nove albi della prima pubblicazione. Nel già citato articolo “Dalla mente alla carta” apprendiamo che Talbot accredita tra le sue fonti d’ispirazione Jerry Cornelius di Michael Moorcock, insieme al fumetto ispirato allo stesso personaggio, Il garage ermetico di Moebius, la Saga degli Illuminati di Robert Shea e Robert Anton Wilson, Il signore della svastica di Norman Spinrad, i romanzi di Colin Wilson e i film di Sergio Leone, Nicolas Roeg, Sam Peckinpah, Francis Ford Coppola e Stanley Kubrick.
Per la raccolta del materiale, i sopralluoghi e l’opportuna documentazione e le fasi di realizzazione vera e propria, Talbot ha impiegato ben tre anni per arrivare al prodotto finito. Gliene diamo atto. Sono stati ben spesi.

Articolo pubblicato in origine su www.next-station.org

Colossus: The Forbin Project

Titolo italiano: COLOSSUS
Produzione: 1969 – USA, Universal, col., 100 min.
Regia: Joseph Sargent
Sceneggiatura: James Bridges dal romanzo “Colossus” di D.F. Jones
Trucco: Bud Westmore
Musica: Michel Colombier
Interpreti: Eric Braeden, Susan Clark, Gordon Pinsent, William Schallert, Alex Rodine, Robert Cornthwaite, Leonid Rostoff, James Hong

Sinossi: Colossus è un super computer ideato dal Dottor Forbin per la difesa nucleare degli Stati Uniti d'America. Appena viene attivato il computer acquisice tutte le possibili informazioni per la difesa e per assolvere al meglio il suo compito principale, salvare l'umanità dall'olocausto nucleare. Scoperta l'esistenza di un omologo computer nel blocco sovietico, chiamato Guardian, Colossus la contatterà e insieme le due intelligenze artificiali, si evolveranno e decideranno che per meglio eseguire la loro programmazione, non dovranno esattamente rispettare le intenzioni dei loro creatori....

Il film

Colossus è l'adattamento di un omonimo romanzo di David Feltham Jones, da noi pubblicato due volte nella collana Urania (numeri 475 del 1967 e 726 del 1977) e su Classici Urania 93, del 1984. La sceneggiatura di James Bridges, che come regista avrebbe poi diretto Sindrome Cinese e Urban Cowboy tra gli altri, è molto fedele al romanzo originale, con atmosfere allo stesso tempo inquietanti e ironiche. Il film è conosciuto con diversi titoli. Semplicemente Colossus, dal titolo del romanzo ovviamente, che però la Universal cambiò quando riscontrò, in fase promozionale, lo scarso interesse del pubblico, denominandolo e poi diffondendolo nelle sale con il titolo The Forbin Project. Successivamente, i due titoli vennero affiancati pertanto nelle edizioni home video, non disponibili in Italia, il film è conosciuto con l'accostamento di entrambi i titoli: Colossus: The Forbin project. Come lo sceneggiatore, anche il regista Joseph Sargent, pseudonimo del regista italo-americano (del New Jersey) Giuseppe Danielle Sorgente, è sempre stato un efficace mestierante della regia, professionalmente al servizio delle produzioni. Ha una lunga serie di titoli da lui firmati, in una lunga carriera cinetelevisiva. Due dei titoli più famosi al grande pubblico sono MacArthur. Il Generale Ribelle, del 1977, e Lo Squalo 4, del 1987. Colossus fu nominato ai premi Hugo nel 1971, nella categoria “Migliore rappresentazione drammatica” e il suo produttore Stanley Chase venne insignito nel 1979 della “Golden Scroll of Merit” da parte della Academy of Science Fiction, Fantasy & Horror Films degli Stati Uniti. A interpretare il creatore del super-computer è stato chiamato Eric Braeden, un attore tedesco qui molto efficace, che non ha avuto forse le opportunità e la carriera che avrebbe meritato, anche se per questo film superò la concorrenza di Gregory Peck e Charlton Heston. Nel cast regolare di una serie di guerra degli anni '60, Pattuglia del Deserto, ha al suo attivo innumerevoli partecipazioni speciali a telefilm come UNCLE, Gunsmoke e L'Uomo da sei milioni di dollari tra le tante. Al cinema il suo film più famoso è stato indubbiamente Titanic, dove aveva un piccolo ruolo di contorno. E' tuttora nel cast regolare della soap opera, Febbre d'Amore (The Young and the Restless) nel ruolo del patriarca malvagio Victor Newman, nella quale ha interpretato 1057 episodi. Vera e propria coprotagonista è Susan Clark, che non ricopre il ruolo di semplice interesse amoroso per il protagonista, la dottoressa Cleo Markham, ma quello di un personaggio allo stesso livello intellettuale del protagonista. L'attrice canadese non è famosa al grande pubblico per meriti cinematografici, pur essendo apparsa in film come L'uomo dalla cravatta e Airport '75, ma è più conosciuta per il ruolo di Katherine Calder nella sit-com Webster. Completa il cast il mascellare Gordon Pinsent, un caratterista di lungo corso tuttora in attività, che è un presidente degli Stati Uniti molto somigliante a J.F. Kennedy.

A.I. = Informazioni + Potenza di Calcolo

Del romanzo originale il film riprende lo spirito, allo stesso tempo tragico e ironico. Il Dottor Forbin si trova davanti ironicamente allo stesso tempo davanti al suo maggiore successo e al suo maggiore fallimento: una macchina talmente perfezionata che supera i vincoli della programmazione originale, pur perseguendone gli obiettivi. E' un tema non nuovo nella fantascienza, che riflette il cambiamento di visione del problema dello sviluppo dell'Intelligenza Artificiale da parte del mondo scientifico. Se da un lato le ricerche degli albori erano molto ottimistiche sul fatto di riprodurre e superare l'intelligenza umana, questo approccio antromorfo si è rivelato fallace, data l'impossibilità materiale di riprodurre con esattezza “l'hardware umano”. La concezione di “cervello artificiale” come come di una riproduzione meccanica del cervello umano, dalla quale sarebbe scaturita l'intelligenza, si è rivelato un approccio perdente. Colossus è uno dei primi tentativi della narrativa fantascientifica, e quindi del cinema, di un diverso risultato, inaspettato: ossia che dalla somma di informazioni e potenza di calcolo derivi un diverso tipo di intelligenza, che non sia la mera riproduzione della intelligenza umana, ma sia talmente diversa che valuti i propri obiettivi con priorità diverse da quelle dei suoi creatori. Nel film, che deriva da un romanzo del 1966, l'approccio tecnologico riflette ancora la visione centralizzata dei computer, con un gigantesco server, posto in una montagna, collegato a diversi terminali e dispositivi, che ne rappresentano anche gli occhi e le orecchie. Una visione che ricorda il gigantesco Multivac di Isaac Asimov, o il potente computer del racconto di Fredric Brown La risposta (Answer, 1954), quello che può rispondere a qualsiasi domanda, e quando gli viene chiesto se Dio esiste, risponde implacabile: «Sì, adesso Dio esiste!» David Feltham Jones, pur ipotizzando una struttura centralizzata e non distribuita di calcolo, compie un salto in avanti, anticipando, in senso molto lato, il paradigma di internet. Colossus e il suo gemello Guardian, realizzato dai russi, connessi tra loro sono maggiori della somma delle parti, e la potenza di Colossus 2 deriva proprio dall'accesso al sistema globale di informazioni, all'epoca solo radio-televisive e cartacee. Il tema sarà ripreso anche in tempi recenti, per esempio da Robert J. Sawyer in modo più esplicito nella trilogia WWW, che mostra come la somma di tutte le informazioni della rete crei a suo modo una intelligenza. In mezzo, però non possiamo dimenticarci di Skynet, il super-computer di Terminator, che non può non essere considerato il figlio connesso alla rete di Colossus e Guardian, e che scatena l'olocausto nucleare però per sterminare la razza umana, ribaltando completamente la sua programmazione, e di The Matrix, intelligenza artificiale anch'essa generata per somma di informazioni, che con scopi non dissimili da quelli di Skynet schiavizzerà la razza umana mediante la realtà virtuale nella trilogia dei fratelli Wachowski. Colossus ha la sua originalità, rispetto a questi suoi figli degeneri, di non dimenticarsi mai del suo programma originale, che è quello di proteggere la razza umana, anche se prenderà misure drastiche per farlo. In questa ossessione nel compimento del suo programma è affratellato invece all'H.A.L. 9000 di 2001: Odissea nello spazio, concepito da Arthur C. Clarke per il film di Stanley Kubrick, nonostante quest'ultimo, dal punto di vista hardware sia concettualmente ispirato all'idea meccanicistica di cervello artificiale. Che dalla potenza di calcolo possa scaturire una forma diversa di intelligenza è tema anche del primo romanzo di Ted Chiang, Il ciclo di vita degli oggetti software, da poco pubblicato dalla Delos Books. I “digienti” di Chiang non sono per nulla imparentati con Colossus, ma è interessante come anche in questo romanzo si seguita in modo molto simile la crescita dell'intelletto artificiale e come questa crescita influenzi i rapporti tra gli umani, allo stesso modo in cui in Colossus, si esplora il rapporto tra Forbin e la dottoressa Markham.

Remake

Risale all'estate 2011 la notiza che un remake di questo film sarebbe allo studio presso la Universal. A scrivere il nuovo adattamento sarebbe stato chiamato lo sceneggiatore Blake Masters, conosciuto soprattutto per Rubicon e Law & Order: Los Angeles. Il film dovrebbe essere prodotto da Brian Grazer (24, A Beautiful Mind) mentre per il regista e protagonista venivano indicati i nomi rispettivamente di Ron Howard (Cocoon, Angeli e Demon) e Will Smith (Io sono Leggenda).   Riferimenti Catalogo della fantascienza e del fantastico. http://www.fantascienza.com/catalogo/opere/NILF1041266/colossus/ http://www.fantascienza.com/catalogo/autori/NILF12804/d-f-jones/ Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Colossus:_The_Forbin_Project Notizia sul prossimo remake del film http://blog.screenweek.it/2011/07/blake-masters-scrivera-il-remake-di-colossus-per-la-universal-131942.php La sceneggiatura del film online http://thepassionatemoviegoer.blogspot.com/2010/11/cinema-obscura-joseph-sargents-colossus.html

Libri: I.N.R.I.

Michael Moorcock, I.N.R.I.(Behold The Man, 1969) -FANTASCIENZA - Mondadori - Urania Collezione - 2011 -traduttore: Tebaldo del Tànaro - pagine 188 - prezzo5,50 euro - giudizio: eccellente

Se c'è un romanzo da andare a recuperare con velocità è I.N.R.I. (Behold the Man) diMichael Moorcock. Non fosse altro perché, essendo inserito nella collana Urania Collezione, della quale è il volume numero 102, del mese di luglio 2011, manca poco che sparisca dalle edicole.

 

Andiamo con ordine.

Non dovrei raccontarvi qui chi sia Michael Moorcock, non è scopo di una recensione, ma non spendere qualche riga per un autentico Maestro non è possibile. A beneficio di coloro che non avessero ancora letto nulla di questo grande scrittore inglese vi rimando a un articolo di Luca A. Volpino, che pubblicai su FantasyMagazine nell'occasione della venuta dello scrittore in Italia, ospite di Lucca Comics & Games 2009 (/approfondimenti/11005/), e all'intervista che mi rilasciò in quella occasione (/interviste/11189/), insieme a Salvatore Proietti, poi pubblicata pure su ROBOT.

Obiettivamente non pensiamo che da soli siano sufficienti, non ho tale pretesa, ma rappresentano un punto di partenza. Andrebbe sicuramente letta l'opera del Maestro, di cui però in Italia c'è veramente molto poco in questo momento di disponibile. Riuscire a spiegare in poche righe quanto la sua opera sia stata fondamentale per la letteratura, fantastica e non, sia come scrittore che come curatore della rivista New Worlds, è impossibile. Nel volume presente in edicola sono presenti sia un valido articolo introduttivo di Giuseppe Lippi che una cronologia a cura di Andrea Vaccaro. Se poi masticate l'inglese è imprescindibile la lettura del sito ufficiale dello scrittore www.multiverse.org/.

 

Nell'attesa che altro venga riproposto del maestro londinese, concentriamoci su questo romanzo, un testo che non si può non leggere.

Quella che leggerete è la versione lunga, edita nel 1969, della novelette che fu pubblicata su New Worlds nel 1966, e che vinse il premio Nebula nel 1967. In Italia sono arrivate entrambe le versioni; quella lunga, con il titolo attuale, edita da MEB Edizioni nel 1976 e quella breve, tradotta da Gloria Tartari e pubblicata dalla Perseo Libri, con il titolo Ecce Homo, nel marzo 1985 sulla rivista Nova SF*.

L'acronimo con il quale è stato tradotto il suo titolo originale Behold the Man, che è la traduzione in inglese della frase di Ponzio Pilato Ecce Homo (Vangelo secondo Giovanni 19, 5), ha una origine ben nota: significaIesus Nazarenus Rex Iudaeorum, ossia Gesù Nazareno Re dei Giudei(Vangelo secondo Giovanni 19, 19) e, come riportato dai Vangeli, era il cartello apposto alla croce di Gesù Cristo, che indicava il motivo dell'esecuzione secondo l'uso romano.

A questo punto va da sé che il titolo è un autentico spoiler di quanto accadrà nel romanzo. Ma va ricordato che non sempre è importante il finale, bensì come ci si arriva. La tragedia annunciata è un meccanismo narrativo ben consolidato. Lo spettatore e il lettore seguono l'ineluttabile cammino del protagonista verso il suo destino conoscendone il punto di arrivo. Non è scopo della tragedia sorprendere il lettore con un finale imprevedibile, bensì quello di fare riflettere durante il compimento dell'arco narrativo. Non è importante il punto di arrivo, ma il viaggio compiuto e conoscere e comprendere perché un destino si compie.

 

Quella di Karl Glogauer è poi una forma estrema di viaggio, addirittura su di un prototipo di macchina del tempo, il cui obiettivo è identificato sin dall'incipit. Egli sbarca drammaticamente nel 28 d.C. in Palestina; un'epoca nella quale nessuno ancora contava gli anni avendo come riferimento la nascita di Gesù Cristo.

Il suo scopo è conoscere il Messia, seguirne la predicazione e la morte sulla croce, per avere una conferma delle sue tesi in materia religiosa.

Dall'arrivo nel passato all'epilogo della vicenda, Michael Moorcock ci conduce non solo in un affascinante ipotesi su come possa nascere un mito, ma anche dentro la psiche di un uomo, Karl, la cui vita è stata influenzata da gravi eventi e turbamenti, che cercando una soluzione ai suoi conflitti interni si troverà coinvolto in un destino di conflitti più grandi e devastanti che lo sovrasterà, inesorabile.

Karl Glogauer è a tutti gli effetti un proto Campione Eterno, anticipatore di molte tematiche che ricorreranno sia nelle produzione fantascientifica che, e in modo ancora più compiuto, nella fantasy.

Se quindi I.N.R.I. non ha ancora ben sviluppato molte tematiche, è tuttavia un romanzo che ha tanto da insegnarci e da non poter essere definito meno che un capolavoro.

Si può non condividere ciò che emerge dalla vicenda sulla figura di Cristo o ciò che i personaggi esprimono in merito alla religione in generale, ma un valore oggettivo del romanzo è la grande capacità dell'autore di raccontare una storia senza fronzoli, senza episodi e digressioni ridondanti, con la sola forza degli eventi, senza pesanti intromissioni del narratore, che c'è, ma non si vede.

 

Non mi interessa, lo dico chiaramente, entrare nel dibattito sulla presunta blasfemia del romanzo.

E' una storia che si appoggia su un'altra storia, su altri personaggi, dei quali estrapola delle caratteristiche e altre ne inventa.

Il Giovanni Battista e gli Esseni, così come Gesù, Giuseppe e Maria del romanzo non sono quelli di cui ci parlano i Vangeli.

Non è un tentativo di rivelarci verità da sostituire alle credenze bensì una operazione che, mediante l'uso di personaggi e vicende storiche, persegue altri obiettivi narrativi che coinvolgono essenzialmente il protagonista del romanzo e la percezione del suo ruolo in un disegno complessivo.

Moorcock non pretende di dirci chi era veramente il Cristo, ma solo di raccontarci la storia di Karl Glogauer, anche mediante l'uso di efficaci flash back, o dovrei dire fast forward, dato che il destino del protagonista si compie nel passato.

Se Moorcock poteva usare altri personaggi storici anziché personaggi considerati "sacri" dipende molto anche del contesto in cui un romanzo viene scritto e dalla storia personale dello scrittore. Anche un non credente può essere affascinato dalla valenza dei personaggi di Bibbia e Vangeli e dalla potenza narrativa delle storie che questi libri raccontano, tanto da appoggiarsi alla loro valenza archetipica.

 

Narrazione allo stato puro insomma, nella quale sono i personaggi e la vicenda a costruire il "messaggio", non l'esatto contrario. Non saggistica mascherata da romanzo, bensì una storia in grado di far scattare ragionamenti e riflessioni che vanno oltre la mera fruizione di un racconto, che rimane godibile e scorrevole, tanto che il libro si legge veramente tutto di un fiato. La relativamente ridotta foliazione è poi un'autentica lezione per chi è convinto che una buona storia necessiti per forza di 800 pagine per essere raccontata.

Da non perdere.

Recensione pubblicata anche su FantasyMagazine.

 

 

 

Douglas Adams a teatro

In scena fino al 29 giugno 2011 L’Universo, molto probabilmente! al Teatro Oscar di Milano, uno spettacolo omaggio al padre della Guida Galattica per gli Autostoppisti.

Il cast dello spettacoloLa prima stagione di PACTA. dei Teatri interamente in seno al Teatro Oscar di Milano si conclude con: L’Universo, molto probabilmente! in programma dal 15 al 29 giugno 2011, una produzione PACTA ideata e diretta da Riccardo Magherini in scena accanto a Vanessa Korn e Marco Pezza (che è anche assistente alla regia) per un omaggio a Douglas Adams, nell’ambito di ScienzaInScena — il ciclo di spettacoli legati alla scienza e alla matematica. Lo spettacolo è coadiuvato dalla proiezione di video e immagini a cura di Ino Lucia.

La sinossi. Da sempre l’uomo si interroga sul mistero dell’universo, sulla nascita della vita e sulla creazione, ma che cosa accade quando la scienza incontra l’umorismo ed esplora l’universo con il gusto per l’ironia e il paradosso? L’Universo, molto probabilmente! nasce proprio con questo spirito e, come spiega Riccardo Magherini, "giocando proprio con quell’Universo, così poco 'scientifico', si propone qui uno spaccato esilarante dell’uomo nell’infinito mondo ultraceleste, uno scherzoso argomentare 'smatematico' come ama dire l'amico Maurizio Pisati, per provare ad intuire altre strade e intanto alleggerire il percorso".

E queste stesse suggestioni "smatematiche" hanno ispirato anche il lavoro di Maurizio Pisati che ha composto le musiche originali dello spettacolo, seguendo un percorso creativo inconsueto e in totale libertà, come scrive lui stesso descrivendo come nasce la sua musica di scena: "spuntano suoni vaganti, musiche in forme diverse, songs dai testi minimi che potrebbero essere parentesi o cancellature di altri testi, tutto perso nello spazio di un calcolo. Eppure, alla fine, è una musica di proporzioni adeguate, in spazi non privi d'aria, non sospesi nel vuoto, nelle infinite dimensioni della vibrazione sonora. In due parole: un'acustica che recita, per un attore acustico".

Informazioni
Teatro Oscar, via Lattanzio 58, 20137 Milano
MM3 — Staz. Lodi T.I.B.B. | Tram: linea 16 Fermata Tito Livio — Lattanzio | Filobus: linea 92 — Fermata Umbria — Comelico
Informazioni: tel: 02 — 36503740 | e-mail: infoteatro@pacta.org — biglietteria@pacta.org
Orari spettacoli: MART-SAB 21 | DOM ore 17
Orari biglietteria: LUN-SAB: 16.00-19.00 e 19.30-21.00 l DOM dalle 15.30 a inizio spettacolo
Costo biglietti: Intero €24 | Ridotto e Convenzioni €18 | Under 25/Over 60 €12 | CRAL e gruppi €10 (min 10 persone) | Prevendita €1,50 — ABBONAMENTI: OSCAR 9 spettacoli 80€ — AMICI DI PACTA 5 spettacoli a 55€

Notizia pubblicata anche su: http://www.fantascienza.com/magazine/notizie/15332/douglas-adams-a-teatro/

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